venerdì 16 marzo 2007

a proposito di RISVEGLI

Dal Piemonte , un concittadino ci scrive..

Caro Direttore,
grazie per l’iniziativa di dar vita ad un periodico e grazie per l’opportunità di esprimere le mie idee in merito.

Per me RISVEGLI o rinascita è rinnovarsi di sentimenti, di stati d’animo; rifiorire di nuove idee chiare e forti da trasmettere a che possano rappresentare un punto di partenza per qualsiasi attività o processo per progredire.

Al tempo in cui sognavamo un mondo ed una vita migliori (eravamo senza bagno, senza acqua nelle case, etc.etc..), circa 50 anni or sono, io avevo un sogno particolare. Le mie origini contadine sono notorie a tutti.

Sai benissimo che la famiglia viveva principalmente col prodotto della terra che con fatica e raramente si raccoglieva in quantità modeste. Spesso il Signore ti mandava di tutto: brina, gelate, troppa acqua, siccità, grandine e altre cose ancora.

Vivevo quindi le angosce della famiglia, come tanti nelle mie stesse condizioni se non peggiori, che purtroppo somatizzavo (oggi i bambini somatizzano il troppo benessere).

Il pensiero fisso, per lo meno il più semplice da risolvere, per me era quello dell’acqua in virtù del fatto che alla “Fonte ne sgorgava tanta che non veniva utilizzata; stessa cosa alla fonte di Sant’Agata dove erano attive otto o dieci cannelle fino a luglio e qualcuna anche in agosto; salendo verso la montagna c’era “il laghetto di Padovani”. Deduzione logica mi portava a pensare che tra loro ci fosse un collegamento sotterraneo che nei momenti di forti piogge o nevicate abbondanti che si scioglievano l’acqua appariva in superficie.

Pertanto pensavo: perché non andare a captarla a monte e, come anticamente hanno fatto i Romani, ridistribuirla a valle mediante un canale con grosse vasche di accumulo come tanti piccoli laghetti da dove far partire altri piccoli canali per irrigare aree morfologicamente contigue?
Dire queste “fesserie” a quel tempo era come farsi deridere.
........

Dove vivo adesso queste cose le hanno fatte e mi piacerebbe proprio di proporre ad alcuni Amministratori dei nostri Comuni, della Comunità Montana, della Provincia ed anche della Regione, perché no, una vacanza per qualche giorno in questa piccola cittadina di quasi ventisettemila abitanti per vedere di cosa vive e come vive questa gente e cosa ha fatto per arrivare ad essere quella che è.
...........

La nostra Valle Subequana deve tornare ad essere il centro di attività e professioni antiche ma dei tempi moderni e per farlo non ci vuole molto.
Non si può continuamente pensare al solito posticino al Comune, alla Comunità Montana, o presso qualsiasi altro Ente, già pieno di inoperosi, per il figlio dell’amico che conta perché porta voti, del parente e così via.

Bisogna pensare alla collettività tutta, senza distinzione di colori e per fare questo occorrono idee chiare e forti.

La collettività non è una famiglia fatta da tre persone. Moglie, marito e figlio; è fatta di tanti figli che ogni giorno devono alimentarsi per non soffrire e non incorrere in vizi. Per grandi cose bisogna pensare in grande.

O ci si immette su un mercato ed essere competitivo o si rimane fuori da qualsiasi contesto. L’alternativa qual è? Emigrare nuovamente e fare quello che abbiamo fatto in tanti oppure attendere che i politici facciano un altro ente inutile per sistemare giovani che, prima che siano sistemati, saranno trascorsi tanti anni da essere oramai vecchi e con tanti problemi non facilmente risolvibili.

Con questo torno al mio antico pensiero.
Nella valle subequana non potrà mai sorgere una industria metal meccanica o di altro genere: Sulmona insegna. La cosa più sana, più logica e più naturale è rappresentata dal cibo che Madre Natura ci fornisce quotidianamente dalla terra dove l’uomo da sempre ha segnato il solco della vita, quindi l’agricoltura. Per questa attività che, più che mai oggi, dovrà essere riconsiderata per qualità e quantità vorrei ribadire con qualche concetto più ampio.

Il primo passo da fare sarebbe quello di individuare ....
..........................................
..........................................

Pubblicheremo per intero la bellissima lettera firmata nel prossimo numero di RISVEGLI

dal Convegno ANCI 2006 - Roccadimezzo

Piccoli comuni… grande qualità : lo slogan dell’anno!
Al convegno dell’Anci a Roccadimezzo si è parlato molto, dei piccoli comuni, anche se l’unica concretezza che si è sentita è la richiesta del terzo mandato per il Sindaco.
Saranno venuti in elicottero per non aver visto i paesi circostanti e la Valle Subequana ma non ci sembravano, i partecipanti, consapevoli della realtà di questi piccoli comuni.
Per capire meglio come stanno le cose, sarebbe bastato anche parlare con qualche paesano, operaio o pensionato, che la spesa non può farla a Roccadimezzo perché costa troppo ed è costretto a servirsi dei comuni vicini, meno turistici, e meno cari, o scendere fino a L’Aquila,
Grande qualità, parco, turismo, forse c’è da chiedersi per chi?
Quale qualità della vita per l’indigeno che fa parte del parco ma non vuole finire in un museo?
Hanno deciso i rappresentanti, gli eletti, che il suo “è un elevato grado di qualità della vita” che va promosso e di cui deve essere orgoglioso.
La giunta regionale , dopo aver sentito tutti i sindaci, consiglieri, capigruppo e assessori comunali, montani, provinciali nonché prebendati a vario titolo e livello, ha messo in piedi un gruppo di lavoro composto da una dozzina di dottori per classificare il grado di marginalità e disagio di questi piccoli Comuni.
E’ una specie di “smorfia” da cui si potrà vedere subito quale comune è meritevole di finanziamenti e quali invece no! No, non amici o nemici, ma una graduatoria precisa che sulla base di precisi parametri evidenzi il diverso grado di marginalità e quindi la possibilità di accesso agli aiuti.
Resta solo da vedere quali piccoli comuni accetteranno di uscire poi da queste graduatorie.
La regione ogni 2 anni aggiornerà i criteri e gira, gira, gira … si stanno inventando di tutto, ma non disperiamo che riescano pure a dare ascolto a chi ci abita in quelle zone...
E’ vero che siamo abituati a non essere consultati neppure per lo Statuto Regionale la cui comprensione è riservata agli “eletti”, ma, in questo caso, trattandosi del disagio degli indigeni…
Ove decidessero di ascoltarli, potrebbero scoprire che ben altri sono i problemi, che oltre agli eletti ci sono i cittadini normali, con bisogni, progetti, testa e dignità propria che non necessitano certo di elemosine o prese per i fondelli, ma di discorsi chiari (anche sui limiti del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per esempio), e… poi …di strade, comunicazioni reali, formazione vera, e istituzioni efficienti per rapportarsi alla pari al resto del mondo; comunque non certo di ammuine.
I comuni sotto i 5000 abitanti comprendono il 30% della popolazione abruzzese con un reddito pro-capite inferiore di almeno il 20% ed un indice di invecchiamento triplo rispetto al resto.
Ci sono quindi meno giovani e meno unità attive, ma come vedere di buon occhio una proposta di legge regionale che, volendo sostenerne lo sviluppo, assegna loro una dotazione annua di appena € 5.000.000 (15 euro/anno a testa o 19.000 euro a Comune), meno, molto meno, del costo semestrale dei loro rappresentanti regionali?
Può risolvere l’emarginazione un metodo che trascura la partecipazione degli interessati, quali che siano la buonafede o le velleità dei proponenti?
C’è poco da essere orgogliosi…

giovedì 15 marzo 2007


...dalla Valle Subequana
L'Aquila Abruzzo Italy

Con buona pace di quelli che ancora sperano in Presidenti amici o compagni constatiamo che la situazione è quella che è, tutti ne siamo altamente consapevoli…e fortemente…rassegnati: a noi bastano i cinghiali.

La popolazione subequana ormai non si lamenta neppure più; accetta come normale il degrado, la noia dei giovani, la distruzione dell’arredo urbano, l’incuria, ’abbandono,l’aumento della rumorosità ambientale, movimenti estranei, strani arricchimenti, ostili finanche ad una vocazione ricettiva minima: isolamento, degrado e confusione!?

La legge dei numeri ci conferma che il declino è ineluttabile:
la maggioranza delle persone si sposta in città, la maggioranza domina, la minoranza è condannata a scomparire … è il destino delle zone di montagna, delle zone interne.
Ma… non ci piace, non lo accettiamo, non ci rassegniamo, e poi non per tutte le zone interne è così: ci sono tante eccezioni tenute su dalla forza, dalla passione, da particolari opportunità, da gente che ci ha creduto. Continuiamo a sentire la passione per il nostro paese, il dispiacere per la situazione presente, il piacere di stare nei nostri paesi, nelle nostre montagne, tra i nostri paesani.
Nasce dalla necessità di trovare risposte precise l’esigenza di uno strumento di comunicazione.Siamo convinti che la risposta si può trovare solo attivando la passione, coinvolgendo sia le persone che risiedono attualmente nella Valle Subequana che quelli che, pur fisicamente lontani, sono rimasti legati affettivamente ai nostri paesi.
Un giornale per provare quanto meno a capire meglio, a parlare, per ricostruire con valori nostri, autentici, veri e sentiti, un senso di comunità che ci consenta di resistere, di conservare autostima, di non essere presi in giro, sempre soggetti passivi di scelte adottate in automatico da altri sulla base di interessi maggioritari non nostri. Per quanto simpatico o in buona fede, qualunque rappresentante provinciale o regionale o altro, espleta legittimamente il suo mandato rispondendo a logiche di partito o di anelli amministrativi o lobbistici superiori: l’ultima cosa che può interessargli sono le necessità reali di una piccola comunità, anzi tende a distruggerne i valori fondanti come l’armonia o la coesione, per poter acquisire consenso di parte.
Quanto vale, in un qualsiasi paesino della Valle Subequana, la possibilità di rapportarsi con spontaneità a ciascun membro della comunità senza essere equivocato?, quanto vale la possibilità di vivere in armonia rispetto alla disponibilità di cento euro in più? Non è solo un problema di dirigenti capaci: il valore sociale degli uomini dirigenti dipende anche dalla capacità di entusiasmo che i cittadini riversano in loro.
Al di là della valenza degli amministratori, il difetto sta nel metodo e negli automatismi: rispondono tutti ormai a logiche diverse, quantitative… e noi siamo piccoli, destinati a soccombere... o a trovare da soli la via del nostro sviluppo reale.
Eppure oggi è forse possibile un riscatto delle zone interne, a condizione che si prenda coscienza della necessità di stare uniti e si individuino insieme i passi da fare per delineare un nostro sviluppo.
È possibile sia per l’invivibilità dei grandi agglomerati urbani, sia perché le reti informatiche se ben utilizzate possono sopperire alle difficoltà di accesso delle nostre zone e consentire l’espressione delle potenzialità e la fruizione di quei valori tipici di queste zone come natura, silenzio, relax, acqua ed aria puliti.
Cercare di capire insieme come essere una comunità unita, e che cosa ha questa comunità da offrire al mondo, può essere un modo di aiutare i giovanissimi a sottrarre le energie esuberanti alla noia e al rumore per convogliarle in progetti divertenti, interessanti ed utili per loro e per il futuro della nostra Valle.
Cominciamo a parlarne, costruiamo insieme un centro di resistenza attiva: il nostro foglio è aperto a tutte le collaborazioni
.