sabato 30 maggio 2009

L’Aquila o sarà veramente più bella di prima o “non sarà"

Da più parti si auspica, a parole, peraltro non sempre gentili, che gli Aquilani “sentano la responsabilità nei confronti della loro città di rientrare al più presto all’interno delle sue mura onde evitare che si sposti il centro di vita cittadino”.
I tentativi di comunicare che anche sulla costa c’è disagio, discriminazione, e sensazione di esclusione non convincono. Ognuno ha vissuto il suo terremoto e sembra avere una sua ricetta per la pronta rinascita de L’Aquila: non gli frega niente di come vivono gli altri, avvertono il disagio e/o l’impotenza e… incolpano gli altri. Come in tutte le buone famiglie, quando le cose non vanno, la colpa è del congiunto più vicino e più amato: marito, moglie, o… suocera. I polli di Renzo.
Facciamo a capirci, si diceva una volta a L’Aquila.
C’è stato il terremoto: ognuno ha reagito come ha potuto, secondo le circostanze.
S’è capito dopo che quella scelta, casuale o pilotata dalla Protezione Civile (che indorava la pillola, con palliativi temporanei di dubbio gusto), era praticamente irreversibile: sono mancate e mancano informazioni per agire bene!
Il terremoto è destabilizzante, nuove abitudini lavorative, nuova scuola, nuovi medici: non è proprio semplice decidere continui cambiamenti di scuola per i figli: questo può farlo solo la Protezione Civile che tutela gli interessi degli alberghi e sposta le persone come oggetti! Un capo famiglia cerca di evitarlo perché ha delle “persone” da tutelare.
E veniamo al cittadino: tornare a L’Aquila subito per fare che cosa?
A due mesi dal terremoto non abbiamo avuto ancora il piacere di un bollettino informativo regolare, periodico, settimanale o giornaliero, sulla situazione! Le cose vengono apprese da radio fante, e smentite regolarmente.
Nessuno comunica nulla: chi sta vicino al sole riceve gli ordini e li fa eseguire! Questa è la legge della emergenza: la disponibilità esclusiva degli strumenti di comunicazione hanno creato una immagine di efficienza al terremoto mediatico, ma i problemi concreti, dei singoli cittadini, dei deboli restano e non hanno rilevanza per nessuno.
Il cittadino si trova a risolverli da solo i suoi problemi, che non sono solo di vitto e alloggio, e dopo cerca di capire se può fare qualcosa per la città. E scopre che non è solo lui a non essere informato, ma che nessuno sa niente: che il Sindaco non comanda più niente, che esegue solo ordini, che è inutile discutere perché tanto non si può fare niente.
Che l’emergenza comportasse la rinuncia ai suoi diritti di cittadino non è mai stato detto dalla televisione eppure in pratica è così: nelle tendopoli non si possono fare assemblee, non si può usare internet, la città è presidiata dai militari, non sono individuabili gli spazi per l’aggregazione, divide et impera.
Tornare a L’Aquila ora per fare cosa? A parte le difficoltà, avrebbe un senso se fosse possibile capirci qualcosa, ma pare che la confusione era già tanta prima del 6 aprile!
Un terremoto di quella distruttività dovrebbe far riflettere tutti: autorità, parolai, burocrati; per questi non è successo niente: solo una nuova opportunità per esercitare potere!
Al cittadino interessa sapere se si sta pensando a come sarà L’Aquila nel 2015, se potrà mandare i figli a scuola, dove iscriverli, che sbocco lavorativo può configurarsi, come può collaborare ad individuare soluzioni in linea con le aspettative di lungo periodo, non è solo un problema di case, quello che manca sono idee progettuali forti per l’Aquila da riconoscere, validare, sostenere: con chiunque e verso chiunque, da aquilani.
Perché ha capito benissimo che L’Aquila o sarà veramente più bella di prima o “non sarà”: ma non è solo un fatto di case, monumenti o chiese, e soldi per la ricostruzione!
Affascinati dal pensiero unico e militare, sembra però ripartito il famoso gioco dell’esclusione (esso quisso), no tu no, qui siamo anche in troppi, non disturbate il conducente: non so se i tanti comitati che sono sorti in questi giorni avranno un giorno la forza di unirsi e dare una spallata al sistema comunicativo almeno, me lo auguro! E mi auguro che si possa cominciare a ragionare in questa città e scegliere le forze migliori per mettere insieme un progetto di città futura degno della nostra storia!