venerdì 30 aprile 2010

L'Aquila: bilancio 2009, bilancio di previsione 2010 e bilancio pluriennale 2011-2012.

RIDARE L’ANIMA A L’AQUILA

Fondazione Volontariato e partecipazione: la più grande associazione nazionale di volontari.

domenica 25 aprile 2010

meditate, gente, meditate

E' già successo, sta accadendo di nuovo... usque tandem...

"Chiunque sappia quello che è successo e sta succedendo, e per colpa di chi, inorridisce al pensiero che qualcuno abbia voluto dare un premio al Commissario e, indirettamente, al suo Duce. E vede nella decisione del Consiglio comunale della città due volte colpita un gesto dovuto, consapevole e chiaro, senza se e senza ma."
Sono parole tratte dal BLOG "Verso L'Aquila:la distanza tra il terremoto e l'informazione"
Non vogliono andarsene, vogliono continuare ad impossessarsi della città, molti, troppi i complici e, distrutti gli avanposti, torneranno!
Molti di noi li aiuteranno,purtroppo, com'è già successo, perchè chi dimentica la propria storia è destinato a ripeterla.
de senectude
di Luisa Nardecchia
Sull’esilio degli anziani. Eravamo ancora sulla costa quando è emerso, chiaro ed immediato, il criterio di selezione adottato per restare in città: solo la fascia “produttiva” aveva questo diritto. I vecchi, improduttivi e passivi, in albergo, al mare.

giovedì 22 aprile 2010

La vita ricomincia domani: N’gulo fra che sola!!!

Trasparenza e partecipazione


Questa è l’assemblea cittadina tenuta ieri , mercoledì 21 aprile ore 17-19,30 , a Piazza Duomo a L’Aquila.
Siamo in un tendone: non abbiamo più ampi spazi disponibili, ma va bene così.
Si va affermando una nuova modalità di assemblea: si riesce a porre problemi sempre nuovi, si adottano soluzioni , e si va avanti. Sembra a taluni piatta, forse lo è, aggiusteremo il tiro dando più spazio a quelle tematiche più importanti.
Stiamo sperimentando una forma di democrazia partecipata: grandi assenti , per ora, le istituzioni locali, che a fronte dei numeri, e delle argomentazioni elaborate nei tavoli di discussione ed approvate dall’assemblea, forse (purtroppo forse ma così è), riusciremo alfine coinvolgere , o sconvolgere.
Ieri è emerso con forza l’inderogabilità della partecipazione, se ne parla da tempo.
Abbiamo constatato tutti le difficoltà che hanno avuto le istituzioni locali a rapportarsi ai cittadini: hanno ritenuto fosse loro diritto-dovere operare senza informare (non è bene che i cittadini sappiano tutto, decido io cosa comunicare) e senza consentire la partecipazione dei cittadini ( io sono stato eletto ed a me solo spetta decidere, anche quando non decido) causando più danni del terremoto stesso; la cera si consuma… insieme alla pazienza dei cittadini: dovrebbe esserci un limite a tutto!
Ma questo è , ed è inutile nasconderlo, prendiamo oggi atto che i problemi del terremoto e dopo terremoto sono stati aggravati dal fatto che le istituzioni locali non hanno mai recepito la partecipazione , neppure quella proposta, in forma minima , dai comitati, dal giugno dello scorso anno.
Nella assemblea di oggi a Piazza Duomo l'avvocato Rodolfo Ludovici ha posto, in termini giuridici precisi, il problema della assoluta legittimità della partecipazione, secondo i principi di sussidiarietà previsti dall’art. 118 della Costituzione, comma 4 . (Stato, Regioni, Provincia e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.)
Illegittimo è , invece , il comportamento delle istituzioni locali allorquando impediscono o non facilitano la partecipazione diretta del cittadino.
Serve un Regolamento nuovo da far recepire al Comune.
L'idea di fondo è quella di porre al centro del Regolamento, le persone e i cittadini che vivono all'interno del nostro Comune. Il testo che si potrà proporre dovrà affrontare, dunque, la tutela dei diritti sociali, affermando in maniera positiva alcuni principi riguardanti la tematica della sussidiarietà sociale; del rapporto tra la sussidiarietà e le formazioni sociali; del rapporto tra la sussidiarietà e i livelli di governo del Comune; del rapporto tra la sussidiarietà e i cittadini e le formazioni associative.
La consapevolezza di questo nuovo strumento istituzionale è che possa produrre risultati importanti e innovativi nel governo del Comune, soprattutto nelle condizioni di vita dei concittadini, colpiti dal sisma. Non abbiamo bisogno però di una parvenza di regolamento ma che il potere sia restituito ai cittadini come previsto dalla Costituzione, renderli partecipi realmente, facilitare la partecipazione di tutti.
Qualsiasi palliativo scenografico servirà solo a misurare il distacco che separa questa classe dirigente dai cittadini.

lunedì 19 aprile 2010

Non c'è sordo peggiore...

A L'Aquila siamo a un passo dalla fine

Cresce la consapevolezza dell'insufficienza dell'operato della premiata ditta B&B
da IL MESSAGGERO   del 17 aprile 2010   di Daniele Cerrone
 I commercianti, i liberi professionisti e gli artigiani Aquilani sono stati abbandonati dal Governo. A distanza di un anno dal terremoto tutti noi abbiamo percepito solo 800 euro per tre mesi per un totale di 2.400 euro, come se con questa misera cifra potessimo sopravvivere per un anno intero e per quelli a venire.

Le carriole - di Thierry Cocciolone

Quaci aju primu compleannu deju tarramutu
pe' fa in modu che l'attenziò scìa mantinuta
tante persò animate de tanta bbona volontà
hanno decisu che quacche ccosa se tenea propritu fa.
*******
Se so armate de guanti, pale e carriole
pecchè pe' 'ssa protesta è quelo che ci vole
senza tradì la moda dej'urdimu momentu
s'hanno missu pure n'elmetto coju sottomentu.
*******
Che t'ha protegge po' , e chi lo po' sapè
ma non te fanno entrà aju centru se 'n coccia no' ju te
non s'è mai vistu missu manco aji cantieri..
....forse mo' serve a protegge ji pensieri !
*******
Ci sta chi separa, chi trasporta e chi ramazza
cuscì hanno comenzatu co'llo repulì la Piazza.
Pure ju Vescovo a nu momentu s'è accodatu
e j'hanno pure tantu criticatu.
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Sarrà statu pe' vvia deju villone che s'è fattu,
e a quacchidunu che sta attentu e non distrattu,
non j'è calata sta diparità de trattamentu,
tra ju villone sé e chi dorme ancora contro ventu.
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Ju potere dice che quessa è propaganda elettorale
e se pure fosse veru, arminu quissi manco fannu male,
ma se pinsissiru un po' cchiù alle cose serie
a postu de fermà chi recapa le macerie ?
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A raccontallo se po' penza ch'è 'na bbarzelletta
a fermà le carriole chè non teneano la libretta
vorrà ddì ch'addimà se lle compremo tutte bbelle
e pe' oji continuemo co 'lle callarelle.
*******
Ma ju funnu non ju semo ancora toccatu
pure se lle carriole j'hanno sequestratu
pecchè va a sapè che s'enventano domà
è facile che quacchidunu va loco e le va arrestà !
*******
Ci olesse che 'lle portano alle Costarelle
coll'accusa de' esse vecchie e mancu tantu bbelle
pecchè 'na carriola , da oji ta sapè
che prima de ji 'n giru se ta fa pure ju bbidè.
*******
L'hanno chiamata “ prepotenza delle minoranze “
e issi tuttu j'annu se rrempiono le panze,
ma quessa mica è prepotenza, chisà che è
è la democrazia che vonno fa vedè.
*******
A mmi non me ne frega de chi vince l'elezziò
che tantu già lo saccio come finisce la canzò,
la colpa de sicuru chi vince non la vole
e va a finì che se 'lla repijano co'lle carriole.
*******

mercoledì 14 aprile 2010

martedì 13 aprile 2010

contestazioni a Porta a Porta - Consiglio Comunale

Come accade nel calcio, considerazioni approssimate e spicciole vedono impegnati a L'Aquila dietrologi e futuristi nel voler considerare con serietà qualcosa che di serio non ha nulla: VESPA che pretende di fare il processo in contumacia alle carriole o il Consiglio Comunale che sfrutta una commemorazione per lanciare messaggi politici di dubbio gusto. Avendo grosse responsabilità nella disinformazione sul terremoto l'uno, e nella litigiosità inoperativa l'altro, sarebbe stato meglio ignorarli nella consapevolezza che "A lavare la testa all'asino si spreca solo sapone".
Per chi volesse, comunque, approfondire segnalo un equilibrato articolo di Stefano Torelli ne "Lo Spazio della politica":

The WASHINGTON POST dell'11 aprile 2010

Un anno dopo il terremoto in Italia, i residenti ricostruiscono da soli

di Laura Benedetti

Testo originale: “The Washington Post” dell’11 aprile 2010

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2010/04/09/AR2010040903684.html


Che cosa è una città senza il suo centro?

Questo è il tipo di domanda che un terremoto costringe a farsi. Ricostruire una città significa qualcosa di più che ricostruire nuove case e negozi, significa anche ricreare i legami invisibili che tengono insieme le persone. Le città durante un'emergenza hanno bisogno di un aiuto esterno, ma la ricostruzione vera e propria spetta alla gente che ci vive.

Ogni volta che sento parlare di un altro disastro - i terremoti devastanti di Haiti e del Cile o quelli più recenti in Messico e in Indonesia - penso alla mia città, L'Aquila, che è stata colpita nel mese di aprile 2009 dall’evento sismico col più alto numero di morti degli ultimi trenta anni in Italia.

Che cosa è L'Aquila, senza il suo centro? Ho fatto a me stessa questa domanda molte volte la scorsa estate, quando mi sono accampata con una tenda nel giardino di un’amica, proprio al di fuori della sua casa danneggiata. La città giaceva ai miei piedi, a non più di un chilometro e mezzo di distanza, ancora cinta dalle sue mura, i suoi monumenti principali ancora riconoscibili. Ma ogni giorno di più il centro si riempiva di macerie, mentre si svuotavano le promesse di ricostruzione.

Dopo il disastro la risposta del governo, guidato dal primo ministro Silvio Berlusconi, è stata rapida e febbrile. Le periferie aquilane sono state trasformate in cantieri per la costruzione di case temporanee per migliaia di sfollati. Bandiere italiane erano avvolte intorno ai balconi e le famiglie frastornate, trasferite nelle nuove abitazioni – complete di accessori come assi da stiro o cesti con le specialità locali - trovavano una nota di benvenuto di Berlusconi.

Ma la frenesia edilizia ha avuto i suoi aspetti negativi. Terreni posseduti da privati sono stati espropriati, e il paesaggio circostante, che in gran parte era stato ben conservato per generazioni, trasformato in un’accozzaglia urbana. I complessi residenziali costruiti in fretta e furia hanno disperso su un vasto territorio quella che era una comunità molto unita, creando il problema di infrastrutture inadeguate e di “non-luoghi” sociali. Nel frattempo il centro storico medievale, che ospitava abitazioni per 16.000 persone e oltre 1.000 tra ristoranti, negozi e uffici, è rimasto in un lugubre silenzio e inaccessibile.

Sono tornata a L'Aquila nel mese di gennaio, in una città ancora senza il suo centro. Poche strade erano state riaperte, aumentando solo il senso di straniamento. I negozi sbarrati e le impalcature davano l'impressione di una città fantasma. Sbirciando al di là delle barriere si potevano vedere cumuli di detriti e cani randagi.

Quando si ricostruirà la città? Alcune stime sono ottimiste: in 20 anni. Altre no: mai.

La maggior parte degli Aquilani sembravano aver accettato la nuova vita con rassegnazione. Lottavano per soddisfare i propri bisogni elementari, costretti a trasferirsi e addirittura col divieto di partecipare attivamente alla ricostruzione della loro città. Sembravano non avere energie per combattere.

Ma in febbraio, qualcosa è cambiato. Nel corso di un’indagine è stata intercettata una conversazione telefonica tra due imprenditori. Uno di loro, mentre riportava ridendo le notizie del terremoto, gioiva per la possibilità di trarre profitti da tutto l’affare della ricostruzione.

La registrazione - trasmessa dalla televisione e pubblicata on-line - sembrava dimostrare che la risposta all’emergenza non aveva come obiettivo l’interesse dei residenti.

Pochi giorni dopo che la registrazione era stata resa pubblica, un gruppo di Aquilani si è scontrato con la polizia che bloccava il centro della città. Dopo un breve battibecco, hanno buttato giù le barriere e conquistato l'accesso a Piazza Palazzo, una piazza vietata da più di dieci mesi. In piedi su un cumulo di macerie un uomo ha improvvisato un intervento scandito dal motto "Il 6 aprile io non ridevo", mentre molti dei presenti guardavano increduli la loro città, ancora piena di cumuli di macerie a quasi un anno dal terremoto.

Una donna ha chiesto dove erano i suoi concittadini: "Otto secoli di storia ci guardano. Queste rovine piangono. Noi piangiamo. Perché siamo così pochi qui?" In risposta al suo appello, la domenica successiva migliaia di persone si sono ritrovate con pale e carriole per liberare la piazza dalle macerie. Hanno fatto una catena umana, passandosi i secchi di mano in mano per rimuovere i detriti. Questi incontri sono diventati regolari come lo erano le passeggiate serali per il Corso e le fila del "popolo delle carriole" - come sono stati chiamati – si ingrossano ogni giorno di più.

Con l'anniversario del terremoto, una nuova spinta ha messo insieme persone di ogni età, status sociale e credo politico o religioso. Rivendicano il centro della città come irrinunciabile per la propria identità culturale e chiedono di essere parte attiva della ricostruzione. La domenica di Pasqua, gli Aquilani hanno preparato il pasto tradizionale di pane, salame, uova sode e vino. Quest'anno, però, non lo hanno consumato a casa. Lo hanno portato in piazza e lo hanno condiviso con le altre famiglie nella loro città.

Per il "popolo delle carriole" la resurrezione non può più aspettare.

immotamanet99@gmail.com


Laura Benedetti è docente al dipartimento di Italiano della Georgetown University di Washington. L’anno scorso per il “Washington Post” ha scritto il seguente articolo sulle immediate conseguenze del terremoto aquilano:
L'Aquila?  dove sta L'Aquila?

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2009/04/10/AR2009041001984.html

(traduzione di Giovanna Liberotti jovina@inwind.it, Giovanni Incorvati giovanni.incorvati@gmail.com)

sabato 10 aprile 2010

Oggi con le carriole, domani con informazione, trasparenza, partecipazione

Tra polemiche strumentali ed intolleranza, domani 11 aprile torniamo a Piazza Duomo con le carriole, per togliere le macerie ed elaborare un piano d'azione per ottenere , dai pubblici poteri mummificati ad oltranza, informazioni, per esigere trasparenza, per attivare la partecipazione dal basso.
Ma le elezioni sono finite. Evidentemente non erano carriole elettorali, anche se la dissociazione del consigliere Tinari viene da qualche cittadino così interpretata.
Le carriole metabolizzeranno ed andranno avanti, pronte ad abbracciare tutti, chiunque voglia partecipare. Sarà  bene ricordare, a quel chiassoso consigliere, che gli aquilani, e le carriole, aspettano il regolamento per la partecipazione: lui può aiutare molto l'Aquila anche senza la carriola.
Lo faccia, gliene saremo grati. Ma non faccia proclami partitici: non ci sono interessi partitici, e lui lo sa bene, c'è una effettiva difficoltà a dialogare tanto con il Sindaco, quanto con il Governo o i Grandi  Media, dovremmo trovare insieme il modo di sviluppare costruttività, partecipazione e lui, che è uno dei primi ad averlo capito, da aquilano, non si tirerà indietro. Ha tutta la nostra comprensione.
La strumentalizzazione è sempre in agguato, ma non ci sono padrini.
C'è qualche cittadino che è preoccupato per possibili scissioni o abbandoni, il rischio è sempre presente, ma la libertà è responsabilità:  i giovani di oggi non sono come gli adulti, hanno eliminato molti dei difetti tipici della classe dirigente al potere, pensano davvero a soluzioni per la città, non per una parte della città. E si fanno carico del centro storico, loro , proprio quelli che dalla piccola borghesia aquilana venivano estromessi dal centro storico. L'hanno capito anche molti adulti, che vogliono una città nuova, partecipata, migliore de l'Aquila di una volta, e sono disposti a lottare insieme, con passione ed amore, per raggiungere un obbiettivo non semplice, tra macerie,  ostacoli o difficoltà. 

giovedì 8 aprile 2010

Ah! Chiodi, Chiodi come Cialente?

Tutta scena, e recitata male.
Non c'è un Master Plan, ma abbiamo udito che occorre riserbo.
Riserbo nei confronti della cittadinanza? Per proteggere chi? Per riservare a chi, per ripartire bene, considerando, soppesando, vagliando, ma che cosa?
Ascoltando certe affermazioni mi sono chiesto se vale ancora la pena di rimanere a L'Aquila, con rappresentanti succubi dei poteri economico-mafiosi, che non hanno certo gli interessi che ha la popolazione dell'Aquila. C'è bisogno di aria fresca, di autonomia, fors'anche proprio a cominciare dal nome "Terremoto di L'Aquila", e non d'Abruzzo: almeno noi cominciamo a chiamarlo così.
Riteniamo grave che il Dr. Chiodi, dopo aver preso l'impegno alla trasparenza e almeno a rispondere alle domande usi i mezzucci della serva per sottrarsi ai suoi doveri di rendicontazione nei confronti dei cittadini.
Chiodi, Cialente, non c'è alcuna chiarezza , poco importa se voluta o subita: inutile attendere, bisogna fare da soli. Siamo a livello di infanti.
Non meraviglia che nel giornale Noi Abruzzo (il foglio della protezione civile) ci si rifiuti di pubblicare l'articolo del prof. Antonello Ciccozzi che di seguito si riporta, e si invita a meditare.

La fiducia è crollata, serve autonomia
Mimetizzare strategie di profitto entro sistemi di aiuto è una pratica caratteristica delle relazioni di tipo postcoloniale, ma è anche quello che il sistema italiano della Protezione Civile ha messo in atto a L’Aquila per i primi dieci mesi del dopo terremoto. Che si sia fatto qualcosa non basta per pretendere ringraziamenti totali e incondizionati: dopo un anno dal sisma L’Aquila è in macerie, così l’altisonante retorica dei record e dei successi del Governo assume le parvenze di una strategia neoCdittatoriale di propaganda politica.

Gli alloggi del progetto C.A.S.E. sono caldi, ma insufficienti, spesso localizzati a spregio del paesaggio, e soprattutto hanno fatto da cavallo di Troia per profittatori di mezz’Italia, deviando di fatto fondi per la ricostruzione fuori dalle aree terremotate. Dopo un anno di aiuti complessivamente orientati prima alla speculazione che alla città, la fiducia è crollata.

Il terremoto dell’Aquila non deve continuare ad essere un’occasione per sfruttare fondi pubblici a scopo del profitto di soggetti privati, perciò il flusso economico dovrebbe essere concentrato verso la città, evitando la dispersione speculativa in catene di mediazione: è la città in concreto ossia le soggettività singole e collettive della cittadinanza che dovrebbe disporre dei fondi, non attori istituzionali esterni ad essa. Autonomia non significa chiusura autarchica: in città servono consigli e sostegno, non servono ordini e speculazione.

In questa situazione chiedere autonomia significa rivoltarsi contro uno sfruttamento speculativo dell’emergenza finalizzato a politiche economiche date a partire da istituzioni extralocali e orientate al profitto; significa rovesciare questo dispositivo per chiedere una ricostruzione sostenibile incentrata su principi culturali e sociali a partire dalla popolazione.
Ad esempio in questi giorni il concetto generale di autonomia va coniugato nel pensare alle macerie in termini di riciclaggio e non di smaltimento, trattandole come risorsa e non come problema.

Autonomia significa prima di tutto pretendere che s’inizi a parlare e a scrivere di “terremoto dell’Aquila”, sopprimendo in toto la subdola denominazione “terremoto d’Abruzzo”: dai discorsi politici e soprattutto dagli atti istituzionali. Non si tratta di portare i fondi per il terremoto d’Abruzzo all’Aquila, ma di distribuire i fondi per il terremoto dell’Aquila su tutto il cratere, a partire dall’Aquila. Autonomia significa, prima di tutto, darsi i nomi e non subirli dall’esterno; perciò questo terremoto dato che è iniziato nell’Abruzzo aquilano e nell’Abruzzo aquilano deve finire si chiama “terremoto dell’Aquila”.

L’Aquila, 10 marzo 2010
Antonello Ciccozzi

Monicelli: spazzare via questa classe dirigente, di qualunque colore, far sorgere qua e la delle piccole realtà

domenica 4 aprile 2010

ANNIVERSARI : sono ancora qui! - repetita iuvant

Una PASQUA diversa a L'Aquila?

Ma no, grazie magari per un minimo di attenzione mediatica, ma la nostra è una pasqua come tante altre in tutta Italia, con o senza la messa o altre storie, con la sola differenza che prima andavi in piazza verso le dieci, aspettavi che arrivasse qualche amico o qualche conoscente per la messa, o una chiacchierata e quattro passi lungo il corso, se pioveva sotto i portici; oggi piove, siamo dentro il tendone di Piazza Duomo che è pieno di tanti, tanti concittadini, con cui condividiamo un dramma ma anche intensi momenti di partecipazione e vera amicizia, e di festa autentica,allegra.
E per fortuna, o purtroppo, anche carriole piene di salami, uova e dolci.