sabato 28 aprile 2007

I COMUNI DELLA VALLE SUBEQUANA

FILIPPO FABRIZI
Origini e storia di Castelvecchio Subequo, Goriano, Castel di Ieri, Gagliano Aterno, Secinaro e Molina Aterno
I Tascabili d'Abruzzo 41, in 16' pp. 116, Cerchio 1992 - Euro 10
In questa ben pensata monografia storica l'Autore determina con precisione, dietro le sicure tracce del Mommsen, i veri confini degli antichi Peligni. Descrive poi con pittoresca...

... E LI CHIAMAVANO BRIGANTI

Il fenomeno ha riguardato tutta l’area del Sirente, le cui montagne impervie, ricche di grotte, boschi, luoghi impenetrabili, risultano un vero crocevia di briganti, locali e di altre zone.
Ricercando e studiando quella documentazione, ho ricostruito tutte quelle vicende inerenti alla Valle Subequana e del Medio Aterno, realizzando un ulteriore libro dal titolo: “IL SIRENTE: CROCEVIA DI BRIGANTI”.

LA VIA DEI CARRETTIERI

Mostre documentarie, rassegne ed eventi itineranti curati da Vincenzo Battista nell'ambito della presentazione del volume "La via dei carrettieri" edito dalla Provincia dell'Aquila.
Perdonanza Celestiniana.
Valle Subequana (AQ), 1997

Salumi e salsicce della Valle Subequana

Proseguiamo il nostro ghiottissimo viaggio addentrandoci nella splendida Valle Subequana, sulle sponde dell’Aterno, nel territorio del Parco regionale Sirente - Velino. Qui la lavorazione del maiale risente di una cultura fortemente radicata sul territorio, protetta nel corso dei secoli da quell’isolamento che ora la trasforma in una specie di “isola felice”....

qualche raro, ma gradito ospite

Valle Subequana. Il solo rumore è quello delle gomme che mordono un asfalto che dovrebbe essere una lastra di ghiaccio, ma che in realtà sembra quello di una fredda mattina di giugno. Ricordi che scorrono veloci nella penombra dell'alba. Il termometro segna -1,5°.

Ci fermiamo ad osservare i canali.....

sabato 21 aprile 2007

L’Italiano, per ben vivere, deve bene ricordare

Rileggiamo una paginetta di Massimo Lelj (“Stagioni al Sirente”)

Chi è nato nelle terre del sud tra i due secoli, chi c'è stato ragazzo, si ricorda la fine delle arti popolari, l'emigrazione a mandre, due sventure successe come una sola fatalità, senza una spiegazione, un avviso. Eppure meditate, preparate, deliberate. La gente solo si accorse che lavorare l'antica materia non valeva più la pena. Se la vide morire in mano. E fu costretta a abbandonare le case, a sterrare sotto lo staffile del foreman, vagare senza speranza finché non affittò i suoi corpi alle miniere americane.
Era nata l'industria, e invece di far passare i fili della corrente dove erano i vecchi telai di quercia, i filatoi, le concerie, i torni, le mille botteghe, fabbriche, arti popolari, ereditate dal Regno di Napoli, delle quali la memoria ci è stata purgata come di una pornografia; invece di aumentare il lavoro del popolo, aveva pensato bene di chiuderci in casa, senza commercio possibile oltre il nostro paese; così aveva levato l'aria all'antico lavoro, cacciato il popolo "e poiché tutto era legato, com'è sempre, col lavoro, quelli furono gli anni del guasto disperato".

Scelte sbagliate : una vecchia storia!

Riportiamo un pezzo di storia patria tratto dal libro di Massimo Lelj "Romanzetto del Tione".
Tra il Gran Sasso e la Maiella si stende la catena del Sirente, un'antica muraglia di italici, e ci stava ancora aggrappata alla fine del secolo passato gente come ce ne sarà stata al quinto secolo di Roma, intatta, ferma, in quei siti impervi, immobile d'un'immobilità minerale, e con una drammatica vena di ulissidi solitari, che rientravano dall'Asia Minore, dalla Cina, dalla Boemia, e con famiglie che per generazioni avevano aspettato un disperso, come se, respinta dal mondo che l'aveva circondata, e l'assediava, quella gente avesse buttato propaggini al di là, in un mondo astratto e non meno avverso, prima di essere costretta a sradicarsi, e come avesse presagito e si fosse preparata alle partenze a tribù maledette, quelle orge di lacrime, vino e organetto, gridi, nelle stazioncine perdute, per andare a pagare il tributo allo staffile dei negrieri del progresso, gli uomini, e le donne, le figlie, alle botteghe sotterranee del sudore, chiuse a chiave dall'alba alla notte, e durante gl'incendi.

Schiumati del sangue disperato dell'emigrazione, i paesi ebbero in cambio dollari a bastanza da pestare acqua cambiando padrone ai piccoli patrimoni, e seguitarono a chiamarsi col nome comune e il nome latino come le piante e gli animali nella storia naturale senza badare che della loro eredità non era stato accettato neanche quell'innocuo codicillo, e seguitarono a cantare latino, leggere l'ufficio alla congregazione, così che il discorso comune era sempre un arsenale di modi latini; intatto anche l'antico nome delle valli; ma quelle parole non erano che il fondiglio di una remota sostanza, la cenere d'una civiltà più antica della cristiana, che al vento adesso sarebbe stata dispersa per sempre.

Sta col cielo chi ha qualche cosa da fare, questo è il senso religioso del lavoro; ma quei paesi erano ridotti a mettere in commercio le braccia degli uomini dopo che i machiavelli del progresso gli avevano levato l'antico lavoro senza potergliene dare un altro, e così il costume ora ci avrebbe pensato da sé a mettersi in dialettica col progresso. Massimo Lelj (“Romanzetto del Tione”)

Le scelte che condizionano...


Il primo tracciato della ferrovia Roma - Pescara, quello tecnicamente più valido e meno costoso.
Per motivi politici, consenso elettorale o mazzette, si scelse diversamente.
La storia della nostra Valle è cambiata da allora... e non sta certo meglio la Valle Peligna o l'Abruzzo, con una ferrovia inefficiente ed inutilizzabile: gli errori si pagano, la tecnica ha le sue esigenze e le sue regole. Cento anni dopo ciò è ben evidente a tutti!
Assistiamo purtroppo ancora oggi a scelte non chiare sui nuovi sistemi di comunicazione in Abruzzo, che riguardano anche noi, come pure gli altri abitanti delle zone interne; perchè non parlarne, non far sentire le nostre ragioni: dove sono i nostri politici?

domenica 8 aprile 2007

La Valle Subequana

Possiamo anche vederla
dal satellite, nella Comunità Sirentina

LA ZANZARA

Un ronzo lieve lieve, e sulla mano
con un frullo si posa una zanzara.
Il corpo: un soffio, con sei zampettine.
Donde sarà venuta? Fa già freddo ...

La tromba ... Do una pacca per negarle
la gocciola di sangue che la nutre?
O il dolore che dà la sua puntura?
Agisce come deve. Sono un bruto?



Fai pure, pungimi, animuccia alata,
finchè di me ti piace, alimentarti
e ti sta a cuore la tua breve vita!

Pungi, che non ti manchino le forze!
Uomo e zanzara, entrambi altro non siamo
che piccole ombre d'una grande luce.
(Albrecht Haushofer)

SEGRETO TIBETANO

Dove, l'inverno, la tormenta bianca
scuote le più alte cime della Terra,
nell’ombra di turriti monasteri,
arti rare sbocciarono dal capo

dei più savi dei savi che, murati
nelle lor celle, col pensiero scisso
da tempo e spazio, donano ad altrui
la luce dello spirito infrenato.

Non più che al sordo sinfonie e sonate,
rosso e verde al daltonico, quell'arte
dice al pensiero avvinto alla materia.

Dove però il portento non è fede
soltanto, ma perizia, il picciol Io
si muta ed entra nellimmenso Tu ...
(Albrecht Haushofer)