mercoledì 17 agosto 2011

L'Aquila bella mè: la lezione del terremoto


Meno di otto mesi alle elezioni amministrative per L'Aquila.
Una amministrazione uscente non riproponibile se non nelle illusioni di un sindaco alla ricerca degli assassini della sua città che rifiuta di guardarsi allo specchio o nelle sue immediate vicinanze per trovare qualche buon indizio.
Al di là degli sforzi di qualche consigliere, quello che appare è una maggioranza appiccicaticcia, trasversale, tenuta insieme da interessi clientelari e ricatti incrociati, sparute forze di minoranza che non sono state in grado di elaborare delle prassi alternative che non fossero vetatorie: il risultato è una città non in grado di far fronte alla emergenza che l'ha coinvolta, lontana da comportamenti collettivi virtuosi i cui cittadini si vedono costretti a risolvere i propri individuali problemi secondo logiche già superate nel regno di Napoli rinnegando ormai totalmente quel senso civico che ne ha contraddistinto il comportamento nella primissima fase dell'emergenza.
Lo sfacelo di una classe di governo nazionale aggrappata alla disgrazia aquilana come ultima spiaggia, prima per risollevare l'audience politica (spettacolo Sistema assistenza BERTOLASO & G8), poi per tentare di dare uno scossone all'economia nazionale ( PIANO CASE ossigeno per le asfittiche ditte del NORD) è servito solo per mettere ancor più in evidenza  l'intreccio affaristico mafia politica e aumentare la diffidenza e la chiusura tipica degli aquilani.
La popolazione quando ha capito e se ne è presentata l'opportunità, ha reagito come ha potuto: zona rossa, le chiavi, le carriole, qualche bella manifestazione unitaria. Purtroppo le improvvisate leaderships dei vari movimenti si sono dimostrate incapaci di unità; i disagi, le squallide lusinghe del potere locale hanno avuto buon gioco ed hanno fiaccato il fronte ottenendo peraltro l'unico risultato di cui la città non aveva alcun bisogno:  la frantumazione, il rallentamento fino alla paralisi dell'azione sia del movimento di coscienza civica nel suo insieme che delle varie parti che tentavano di portarne avanti i valori.
Informazione, trasparenza, partecipazione :  quando si è riuscito a superare l'informazione di regime, ad informare dal basso,  si è capito il gioco; ci si è resi conto che sulla mancata trasparenza, e sul rifiuto di informare, sui fatti dell'emergenza giocavano,all'unisono, sia il potere centrale (Bertolaso &c.) che i poteri locali (Sindaco &c.); si è  tentato di reagire impostando un discorso sulla partecipazione.
Passati dalle parole ai fatti (le riunioni al tendone, i tavoli tematici,  erano un esempio di partecipazione ben percepito dalla popolazione aquilana: un nuovo "metodo che funziona", pericoloso precedente per i fautori della logica della "bottega" che da sempre occupano il potere locale) sono cominciate le difficoltà.
Ostacoli al progetto di regolamento per la partecipazione, tentativi di infiltrare l'assemblea con argomenti diversi per spostare l'attenzione dalle tematiche locali,  fughe in avanti con la disgraziata gestione della legge di iniziativa popolare che anzichè produrre positività per il movimento ne hanno determinato la stasi. Fino all'autocastrazione di sottrarre spazi fisici e virtuali alla discussione, ed alla certificazione, ove non fosse ancora chiaro a tutti, che le logiche di potere della classe dirigente locale non hanno funzionato, sono inadatte alla modernità.
Consentire la costruzione di casette ovunque, quindi favorire la vecchia logica dell'accaparramento, non ha risolto alcun problema abitativo, ha solo aumentato i disagi , e creato grossi problemi al futuro della collettività.
  Altro è quello che serve , oggi, a L'Aquila. Serve lungimiranza, progettualità. Serve l'unità più ampia possibile di chi ha capito la lezione del terremoto, serve non ripetere gli errori del passato, serve apertura, inclusione, cittadinanza attiva, rischio. Serve calare dalle torri e sporcarsi le mani partecipando attivamente a costruire il cambiamento, serve spingere i più capaci, i giovani, con le loro idee innovative,a partecipare comunque. Puntare sulle idee dei giovani può essere un rischio ma qualsiasi altra scelta è suicida, oggi, per L'Aquila.
Sta alle tante associazioni riflettere sulla propria inerzia, prima, e poi sul proprio comportamento in relazione all'evento terremoto e chiedersi se è stato sufficiente, se quello è l'atteggiamento più giusto per una "L'Aquila migliore di prima":  se non sia il caso di rinnovarsi partecipando attivamente alla gestione comune della cosa pubblica con le proprie forze migliori. Fare la cosa giusta per L'Aquila più che per se stessi, senza indulgere troppo negli equilibrismi di potere troppo cari a tutti gli aquilani, purtroppo. Molte associazioni hanno ricostruito, individualmente, ciascuno la propria sede, ed è già bene preservare la propria capacità operativa, ma poco hanno fatto per aprirsi agli altri, per facilitare realmente anche la partecipazione del semplice cittadino , non inserito nel proprio sistema di potere , per sviluppare un livello della cittadinanza attiva che prescindesse dall'appartenenza.
Troppa ignavia, e troppa energia sottratta al movimento, tanta divisione non necessaria perchè diretto riflesso di quella esistente in partiti o partitini o comparanze, con il risultato che i problemi sono rimasti là, a carico dei cittadini più deboli, come sempre.
Troppo facilmente si dimentica che c'è un interesse comune, che è quello di collaborare a creare una collettività unita, capace di costruire "la nuova città" fatta da giovani capaci di adottare metodiche nuove, realmente alternativa ai poteri esistenti, rivelatisi insufficienti per la collettività , ma non troppo per loro stessi, salvo le ricorrenti lamentele.
All'ombra della Chiesa, che metteva intanto ordine nelle sue cose, si sviluppava un felice contrasto tra Potere Centrale e Potere Locale, uno sceneggiato che ha consentito a ciascun attore di recitare a soggetto secondo le proprie convenienze e senza alcuna attenzione al processo di ricostruzione della città. Con relativo seguito di fans, cittadini nuovamente tifosi che "dimenticavano " ancora una volta il loro ruolo di protagonisti della ricostruzione.
Nel migliore dei casi ancor oggi ci si limita a prendere atto della situazione difficile e senza sbocco, si assiste al proliferare di anonimi manifesti di vuota e generica minaccia, al folklore di chi abbandona del tutto la speranza e quindi l'impegno vero per fare quanto è nella possibilità di ciascuno per collaborare a costruire una città migliore di prima , trascurando la regola fondamentale di qualsiasi pacifica convivenza, l'ascolto. Ci si isola, ci si allontana, aumenta la sfiducia e magari si torna a sperare che il meccanismo politico partitico che ha mostrato tutta la sua insipienza nei "fatti dell'Aquila" torni a funzionare come per incanto, a destra o a sinistra,  e magari inglobi anche qualche nostra inascoltata rivendicazione. Il mondo è così, è andato avanti sempre così!
Se si abbandona anche la speranza del cambiamento, se le classi dominanti continuano a non prendere atto dei loro limiti e fanno un passo indietro non c'è davvero nessuna possibilità che L'Aquila torni quanto meno ai livelli pre-terremoto: i maggiori denari in circolazione ne peggioreranno i difetti, la presunzione, l'arroccamento, la chiusura.
All'Aquila resta tanta sofferenza, notevole pregiudizio urbanistico, incapacità assoluta di porre rimedio ai guasti causati alle popolazioni del cratere  se non con un assistenzialismo che ha ancor più aggravato la situazione, indebolimento collettivo e incertezza amministrativa che di fatto causa lo stallo di una città ferma al 7 aprile 2009, in un rimpallo continuo di responsabilità tra governo ( ora Governatore Chiodi) e Sindaco della Città ( Cialente).
Si va avanti anche come cittadini, in ordine sparso, ogni raggruppamento  tendendo verso un obiettivo alto forse ma indefinito , che possa compensare le sofferenze quotidiane di tutta  la cittadinanza causate dall'inerzia dei poteri locali e centrali, qualcosa che dia un senso della lotta, che trasformi il disagio in forza propositiva, dimenticando che l'obiettivo più importante era , ed è ,se volgliamo "L'Aquila migliore di prima", ricostruire l'unità della popolazione superando le logiche partitiche frazionistiche. Il solo colore NERO-VERDE per ora va più che bene.
In questo senso sta tentando di muoversi l'assemblea cittadina, prima nel recuperare spazi di discussione, fisici e virtuali, sviluppando il dibattito sui temi della ricostruzione, poi con il tentare l'ascolto delle istituzioni e con l'invito a "smettere l'ammuina", a parlare con voce unica ai cittadini, dicendo la verità, per quanto amara: i cittadini hanno bisogno almeno di una informazione veritiera, trasparente e poi di sviluppare metodi partecipativi che consentano loro di prendere in mano il proprio destino.
Questo il senso della serie di domande poste dai cittadini al Commissario per la ricostruzione,  questo il senso di far valutare le risposte direttamente dai cittadini per cui è stato aperto , nel web, uno spazio di discussione, affinchè i cittadini possano rendersi conto direttamente anche delle Istituzioni Regionali e spingerle a fare la propria parte di Abruzzesi che si occupano di ricostruire il proprio capoluogo, a  farsi in qualche modo carico anch'essi della situazione. Il confronto con le istituzioni va avanti, anche se in molti lo ritengano ormai un inutile esercizio di stile: troppo tempo è passato, l'inerzia è evidente, le chiacchiere non risolvono. Serve l'alternativa.
Ma le due cose non sono incompatibili : la prossima scadenza elettorale può già determinare un' alternativa. Cambiare la classe dirigente locale al potere è di evidente necessità, ma soprattutto poter iniziare un nuovo corso, con metodiche di partecipazione nuove, attingendo forza lì dove essa è naturalmente depositata, nei giovani: tocca a loro farsi carico della complessità del cambiamento rifiutando il canto delle vecchie ma ancor suadenti sirene.
Tocca a loro prendere atto di essere la migliore alternativa possibile e quindi attivarsi prima per ri-costruire una unità di popolo, facilitare comunque  l'unità dei cittadini, associazioni, persone che sentano la necessità di rompere con il passato, disponibili a correre il rischio del cambiamento, poi elaborando un metodo partecipato, fissando obiettivi condivisi e realistici, un programma partecipato e, solo dopo, scegliendo le persone,  e formando la squadra, che possa relizzarlo.
Mentre questo processo prende corpo nulla impedisce nell'immediato di concretizzare le più valide idee che emergono dal confronto tra i cittadini.
Per esempio, oggi, su FB  : cfr facebook- ADB - la mia road-map
 primo, togliere i militari e le transenne dalla città;
 secondo, togliere le macerie e i RUDERI mediante veri sgomberi e chirurgiche demolizioni;
 terzo sbloccare la ricostruzione seguendo le indicazioni "dell'ASSE CENTRALE e delle 6 (sei !) "zone "A BREVE", secondo le indicazioni di Piano Regolatore vigente (ricostruzione delle volumetrie e delle superfici pre-esistenti);
 quarto: disegnare, con la consultazione popolare PERMANENTE (cioè "tutti i giorni dalle 17 alle 2 (e non solo il martedì e il giovedi dalle 11 alle 13") e col confronto di tecnici espressione della popolazione e tecnici "pubblici", i Piani Temporali (annuali, triennali, quinquennali) di Ricostruzione;
 quinto: ricucire il territorio urbanizzato e scempiato, PROIBENDO nuove costruzioni e ulteriori occupazioni oltre quanto già costruito (quella sì, dovrebbe essere il "LIMITE ROSSO" invalicabile)