martedì 14 aprile 2009

E se provassimo sul serio ad ascoltarci?





...Il guaio è che stiamo perdendo l’abitudine alla piazza, non comunichiamo che per partiti, per slogan, per pregiudizio, si ha quasi paura di esporre le proprie idee autentiche.
Ci sembra tutto poco importante, ma è solo partecipando davvero, con la nostra autenticità, che possiamo contribuire al bene comune, che può funzionare la democrazia.
C’è, invero, consapevolezza di ciò ma avvertiamo una difficoltà reale a interloquire, all’ascolto attivo, a confrontarsi, a partecipare attivamente, difficoltà contagiosa che alimenta anche la nostra pigrizia.
Stiamo diventando una società di saggi cui basta il silenzio? siamo troppo pochi? è la dimensione limitata? sono pochi problemi? sono solo problemi di pochi?
Siamo fatti così, avvertiamo il disagio e tolleriamo bene la sofferenza, forti e gentili in fondo, da abruzzesi doc.
Siamo in buona compagnia: problemi simili esistono anche nelle nostre città e nella nostra regione: sembra non funzionare più nulla, la politica vera è lontana, le istituzioni pure.
Annunci magniloquenti senza fatti concreti, continui giri di valzer, l’inaugurazione di qualche mostra, ma quale consapevolezza ha il cittadino medio dell’attività reale dei vari livelli istituzionali che possa far pensare a sviluppo o a speranza per i nostri giovani?
Poi, quando le cose private vanno male, le colpe sono degli altri, della politica sentita come cosa inaccessibile, che riguarda gli altri.
E questo crea distanza, difficoltà, anche per il politico che evita la gente scontenta, magari si spende per tutti ma non sente gratificazione genuina, non comunica per non sentirsi accusato, incompreso.
Parliamo della comunità, della provincia, della regione: c'è sempre una cappa di diffidenza nel dare fiducia su un agire velato dei vari livelli istituzionali che operano con la consapevolezza di non poter rendere conto che a se stessi, visto che nessuno più li capisce, e quindi di non dover rendere conto che a se stessi.
Si è così creata una situazione di irresponsabilità globale in cui ognuno recita a soggetto. Ma nessuno è contento, attori, comparse e pubblico plaudente.
E se provassimo sul serio ad ascoltarci? Semplicemente, senza pregiudizi: io ho il dovere di ascoltare il mio rappresentante politico e di dargli fiducia, il rappresentante politico ha il dovere di ascoltare, leggere le istanze gli vengono rivolte, qualche volta rispondere...
Si, rispondere, comunicare … perché non basta operare in modo più o meno illuminato (chi sta in alto vede più luce, sa e vede di più), la democrazia oltre che responsabilità, è rispetto della forma, trasparenza, libertà di accesso, partecipazione.
Abbiamo oggi un governo centrale che sembra aver capito il valore della partecipazione, della trasparenza, abbiamo governi locali che hanno difficoltà a intendere questo semplice concetto.
Ed abbiamo oggi l'esigenza di ripartire dopo un terremoto evitando il "dopoterremoto" politico cui accennava Silone in Fontamara.

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