giovedì 14 ottobre 2010

I panni sporchi: meglio lavarli in pubblico, potremmo accorgerci di non averli sporcati noi!



Nonostante siamo diventati un simbolo per l’Italia, di resistenza e democrazia partecipata con il nostro “RIPRENDIAMOCI LA CITTA’” , con il TENDONE e con “LE CARRIOLE” , nonostante le motivazioni all’azione ci siano ancora tutte, registriamo difficoltà .
C’è confusione , un impianto precario, obiettivamente fragile dell’assemblea: soggetto alle contingenze, alle assenze, agli equivoci.
.Fuori c’è chi strumentalizza e cerca di coniugare questa raffinata arte con il concetto del fare berlusconiano: si è ottenuto il non-pensiero unico aquilano che sa come procedere: niente consultazioni, niente piazza, niente spazi di aggregazione, soppressione del dibattito, solo referenti selezionati, errori su errori.
Lo stato dell’arte è visibile a tutti: assenza di un master plan, precarietà voluta, proliferazione di casette e casettine, ed altro, uno scempio; molti cantieri aperti, ma quanti sono bloccati?
E nulla a livello di servizi, traffico insostenibile, morti sulle strade, ritardi nei pagamenti, favoritismi ormai ostentati che diventano l’unico modo di elemosinare i diritti, persone che non hanno più ormai neppure la voglia di protestare.
Al massimo si protesta, Sindaco docet, contro lo Stato, contro il Governo, e magari anche contro quelli che rompono le scatole con la richiesta di chiarezza. Se le cose non vanno ci vuole una capro espiatorio.
E’ sempre colpa degli altri, nessun livello di assunzione di responsabilità.
USQUE TANDEM.
Riportiamo il commento di un partecipante all’assemblea cittadina del 15 settembre.:
“Questa sera ho partecipato all’assemblea cittadina in Piazza Duomo e pur senza il tendone con lo striscione “riprendiamoci la Città” il dibattito è stato molto acceso e partecipato soprattutto sul punto della trasparenza delle scelte che il Comune opera per l’utilizzo di risorse per progetti. Insomma lo scontro in atto si concentra soprattutto su questi punti: partecipazione e trasparenza. E’ uno scontro sotteso e diffuso ed investe i rapporti con le istituzioni. Si ha la netta sensazione, insomma, che l’Amministrazione comunale, dopo aver cavalcato per alcuni momenti la capacità di mobilitazione dell’assemblea cittadina, ormai, si richiuda in se stessa e torni a privilegiare il disegno di una ricostruzione fatta nel chiuso di qualche studio tecnico o  a tavolino degli uffici tecnici comunali.
Non si vuole comprendere che oggi l’idea di trasparenza assume un significato che va al di là del materiale e degli interessi particolari. Essa coinvolge il terreno delle sensibilità personali ed umane, tende alla complessità ed alla verifica dell’uso responsabile delle risorse disponibili. Ognuno di noi percepisce che dopo il terremoto il nostro territorio si sta trasformando profondamente senza regole e trasparenza “.
Sarebbe veramente auspicabile che finalmente su questo tema si sviluppasse un ampio dibattito da parte di tutta la cittadinanza che non vuole essere omertosa.
Non eravamo presenti a quell’assemblea, ma conosciamo bene quello che sta succedendo nel nostro territorio senza trasparenza e partecipazione popolare.
Per questo l’assemblea cittadina ne ha fatto specifica rivendicazione.
Parole fastidiose, implicano la condivisione delle decisioni, il confronto, la non arroganza, intelligenza, tempo, pazienza, buona volontà. E onestà, troppo impegno forse, meglio, molto meglio neutralizzarle con la strumentalizzazione di nota marca e andare avanti con la logica di sempre: bisogna badare agli appalti, al Governo e magari anche a Berlusconi che adesso forse ci finanzia il rugby con la benedizione del Sindaco (che vergogna!).
Ghe pensi mi! che rottura il TENDONE: qui si lavora, non si fa politica, con i cittadini ci parlo io, gli impegni presi con l’assemblea cittadina sono parole, appartengono al passato.
Torneremo al vecchio duetto caro Massimo, caro Guido o al più recente è colpa di Massimo, è colpa di Guido? E Gianni lo facciamo santo o lo mandiamo all’inferno?
Chiodi scopre oggi che gli assistiti a L’Aquila non sono 50.000 come si va dicendo ma sono solo 3000 o al massimo 600: pur volendo accettare questa nuova assurda lettura dei dati è sempre lui che ha disinformato e adesso la colpa è di Belzeblù!
Quanta arroganza! Sembra proprio che a queste persone il terremoto non ha insegnato nulla!
Magari è un problema di elezioni a breve: cominciano tutti a recitare a soggetto.
A loro andrà pure bene ma per gli aquilani quanta sofferenza, , fisica, civile, morale!
Non esistono regole per il potere. Non esistono esempi! Non si vogliono regole nella assemblea cittadina, sfiducia, approssimazione e retro pensieri si affacciano anche nell’assemblea cittadina.
Dimenticata anche qui la comunanza di interessi e la necessità di perseguire strade comuni prevarrà il senso di appartenenza? Elezioni? Ma siamo sicuri che a L’Aquila convenga pensare in termini elettorali o andare a votare?
Non abbiamo cose più serie da fare?
Bisognerebbe recuperare l’impegno, quello onesto, vero, gridato anche, che può mettere in discussione tutto ma non l’esigenza di chiarezza; che non risponde mai alle richieste di chiarezza con l’insulto o con l’arroganza dell’indifferenza.
Sfasciare un’assemblea di popolo è cosa facile, costruire o ricostruire una unità d’intenti, un clima favorevole alla pur necessaria azione comune, è faticoso più che difficile, richiede tempo oltre che tanta buona volontà.
Ai più accorti vogliamo ricordare che l’errore non è soltanto di chi lo fa ma anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce.
Se tutti gli aquilani, prima di lamentarsi, se lo ricordassero, avremmo sicuramente un clima più allegro.
Ma sì, ricominciamo da tre, con TRASPARENZA, PARTECIPAZIONE e tanta CONSAPEVOLEZZA da opporre agli inevitabili futuri tentativi di strumentalizzazione.

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