Riportiamo un pezzo di storia patria tratto dal libro di Massimo Lelj "Romanzetto del Tione".
Tra il Gran Sasso e la Maiella si stende la catena del Sirente, un'antica muraglia di italici, e ci stava ancora aggrappata alla fine del secolo passato gente come ce ne sarà stata al quinto secolo di Roma, intatta, ferma, in quei siti impervi, immobile d'un'immobilità minerale, e con una drammatica vena di ulissidi solitari, che rientravano dall'Asia Minore, dalla Cina, dalla Boemia, e con famiglie che per generazioni avevano aspettato un disperso, come se, respinta dal mondo che l'aveva circondata, e l'assediava, quella gente avesse buttato propaggini al di là, in un mondo astratto e non meno avverso, prima di essere costretta a sradicarsi, e come avesse presagito e si fosse preparata alle partenze a tribù maledette, quelle orge di lacrime, vino e organetto, gridi, nelle stazioncine perdute, per andare a pagare il tributo allo staffile dei negrieri del progresso, gli uomini, e le donne, le figlie, alle botteghe sotterranee del sudore, chiuse a chiave dall'alba alla notte, e durante gl'incendi.
Schiumati del sangue disperato dell'emigrazione, i paesi ebbero in cambio dollari a bastanza da pestare acqua cambiando padrone ai piccoli patrimoni, e seguitarono a chiamarsi col nome comune e il nome latino come le piante e gli animali nella storia naturale senza badare che della loro eredità non era stato accettato neanche quell'innocuo codicillo, e seguitarono a cantare latino, leggere l'ufficio alla congregazione, così che il discorso comune era sempre un arsenale di modi latini; intatto anche l'antico nome delle valli; ma quelle parole non erano che il fondiglio di una remota sostanza, la cenere d'una civiltà più antica della cristiana, che al vento adesso sarebbe stata dispersa per sempre.
Sta col cielo chi ha qualche cosa da fare, questo è il senso religioso del lavoro; ma quei paesi erano ridotti a mettere in commercio le braccia degli uomini dopo che i machiavelli del progresso gli avevano levato l'antico lavoro senza potergliene dare un altro, e così il costume ora ci avrebbe pensato da sé a mettersi in dialettica col progresso. Massimo Lelj (“Romanzetto del Tione”)
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