"Ancora una volta, di fronte all’emergenza e alla tragedia, gli italiani hanno saputo unirsi, hanno saputo superare le divergenze, sono riusciti a dimostrare di essere un grande popolo coeso nella generosità, nella solidarietà e nel coraggio."
Così, testualmente, Berlusconi ad ONNA.
Ed è sembrato vero, in televisione.
L'unità, la concordia per un giorno ha prevalso, complice il terremoto, quello vero, che ha portato un mare di sfollati aquilani a confrontarsi con i "rivali" pescaresi ed ad accorgersi della loro solidarietà, del loro senso di apertura, di accoglienza, del "cuore aperto" di Pescara.
E' un pregio del nostro popolo ritrovarsi unito in particolari circostanze, ma la necessità della tragedia è anche il suo terribile limite: è come se non potessimo permetterci di vivere bene, in pace.
Ma tant'è, per fortuna, stavolta può starci bene anche la televisione, e dovremmo aver capito il disvalore dell'arrocco.
I nostri problemi stanno lì, non saranno altri a risolverli, tocca a noi come comunità aquilana affrontarli prima, confrontarci con rispetto delle varie tesi, e poi, uniti, tentare di risolverli.
Abbiamo un nemico comune: la mancanza di informazioni, la fretta, l'apparire, e fors'anche i superiori interessi nazionali o internazionali. Non dovrebbe essere difficile renderci conto che L'Aquila è una piccola città, su cui insiste un terremoto di notevole portata, reso più devastante dalla inettitudine e presunzione della classe dirigente locale che non ha saputo predisporre alcun livello di prevenzione e di controllo: l'inattenzione assoluta, un menenfreghismo, un "laissez faire" che ha portato persino al taglio di nastri per inaugurazioni per l'avvenuta "messa in sicurezza di Palazzo Quinzi" destinando a una scuola l'edificio a maggior rischio sismico della città. No, non solo politici, per carità, qui ha toppato alla grande tutta la classe dirigente, chi doveva controllare, chi doveva informare, chi non ha tenuto conto delle segnalazioni, chi ha segnalato, raccomandato, etc., etc.
L'esame di coscienza collettivo che dovremmo fare non può però riguardare solo il passato, non possiamo continuare a "non decidere" lasciando che altri se ne occupino: per quanto illuminati e ben disposti non possono sostituirsi alla comunità aquilana per decidere scelte, localizzazioni, tempi, modalità.
Dovremmo forse attivarci tutti(considerando che la classe dirigente che ci ritroviamo è quella che è, insufficiente a gestire il presente nè all'altezza di gestire la ricostruzione, soprattutto se lasciati soli), per massimizzare informazioni e controlli diretti da parte di tutte le persone coinvolte (e siamo tanti stavolta, ci riguarda proprio tutti), senza demonizzazioni ma senza schemi burocratici , senza censure, senza paure ricostruendo dalle tende, dalla costa, da ovunque, soprattutto e da subito, una agorà che possa far sentire ed imporre la sua voce, la sua volontà di rinascita ai predicatori e faccendieri del momento e di sempre.
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1 commento:
Complimenti, leggerti è un piacere. Sono perfettamente d'accordo con te. Ma come possiamo noi comuni cittadini controllare? Forse testimoniare al mondo la congruenza tra ciò che viene promesso e ciò che verrà fatto.
Mi spiace solo che noi abruzzesi siamo dovuti passare per una tragedia del genere per scoprire di essere tutti "fratelli".
MdeA
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