martedì 24 novembre 2009

L'Aquila 2009: l'assenza della politica

Per un italiano medio è abbastanza normale escludersi dal partecipare alla vita pubblica o astrarsi in congetture filosofiche, passare il suo tempo come crede: una organizzazione funzionante ormai in automatico gli garantiscono sanità, scuola, sicurezza, uffici pubblici che funzionano.
Per chi, residente oggi a L'Aquila e che qui voglia rimanere, questo non è possibile, ciò che in altre località italiane appare normale a noi oggi è vietato, perchè è in pericolo la nostra comunità!
Qui noi non abbiamo più certezze: già agonici prima del 6 aprile, terremoto e dopoterremoto hanno distrutto qualsiasi automatismo autoctono: non è solo il Comune che non funziona, tutto ormai va a scartamento ridotto, con buona pace di Brunetta, salvo la pubblicità televisiva.
Il nostro problema è oggi trasformare la nuova realtà imposta dalle calamità naturali ed emergenziali in qualcosa in cui poter riversare le speranze di poter esercitare i nostri diritti di cittadini italiani, per poter vivere con il rispetto di se stessi e degli altri, senza rancori, come comunità.
Lo strumento per fare questo non sono gli appelli singoli alle sorde istituzioni ma la partecipazione politica.
Politica come azione, politica come ideale.
Ogni italiano può vedere, ma a L'Aquila l'abbiamo anche sperimentato, a quale livello di bassezza può arrivare una politica attiva priva di ideale politico e di rispetto per i modi di pensare dei destinatari di quella politica.
Oltre le sofferenze attuali, noi vediamo compromesso il nostro futuro, i nostri sogni, quelli che inconsciamente abbiamo affidato ai nostri figli, la nostra idea di città futura che ci ha fatto scegliere L'Aquila ed è la sostanza del nostro amore per L'Aquila.
Una comunità che abbia considerazione per i problemi del singolo individuo, capace di neutralizzare i danni da automatismi e velocità dei tempi moderni, richiede la partecipazione di tutti, il sociale altro non è che la combinazione di sforzi individuali per realizzare un'opera comune: ecco perchè è importante la partecipazione.
Ci troviamo nella condizione di averlo proposto più volte: constatiamo gli errori derivanti dall'essere stati inascoltati.
In una comunità funzionante questo non sarebbe successo.
Ignoranza, dabbenaggine, scarso senso di comunità.
Che fare?
Come ricostruire una comunità al tempo della televisione e di internet, quando non vi sono più i maestri?
Tradizioni ed ascolto attivo possono aiutare: la voglia di imparare a vivere in comunità anche.
Far funzionare le istituzioni dipende anche dal cittadino che deve pretendere il funzionamento nel rispetto dei ruoli ma creare un contesto trasparente oggi è compito della politica.
Ma chi deve farlo e come ?
Tale compito oggi a L'Aquila, spetta agli aquilani, e principalmente alle cosidette elites intellettuali che sono sparite o si sono ritratte di fronte alle asperità attuali della partecipazione, è dovere di ogni aquilano fare la sua parte, per quello che può, dando cuore ed azione ad ogni progetto pensato con attenzione all'interesse generale e condiviso dalla maggioranza.
Partecipare, porre attenzione al contesto che va modificandosi è contribuire a renderlo vivibile, trasparente. Contesto è lo stato, la burocrazia, gli enti locali, il cittadino ed il rispetto dell'autorità, l'autorità ed il rispetto del cittadino, l'informazione e le possibilità di accesso per tutti.
La trasparenza, il dover rendere conto anche quando si fa obiettivamente il proprio dovere; fino a qualche tempo fa esisteva un concetto di autorità che derivava dal potere istituzionale, cattedratico, televisivo, politico; questi soggetti sembrava esprimessero sempre l'oggettività, non potevano sbagliare: l'assenso dei superiori copriva sempre eventuali errori dell' obiettivamente bravo funzionario, e l'autorità non sbagliava mai, obiettivamente. (Come si permette di dubitare?)
Con Internet abbiamo maggiore diffusione della informazione, una pluralità di soggetti che interviene, giudica, propone e quindi qualcosa cambia nel contesto: crolla la credibilità dell'autorità, l'unico modo per recuperare fiducia è accettare il controllo, essere trasparenti nel proprio operare: e questo vale per tutti gli attori, per il cittadino, per il politico, per l'autorità. Solo così può crescere la fiducia e svilupparsi una comunità democratica.
La trasparenza è la nuova obiettività; nell’odierna ecologia della conoscenza va rimpiazzando parte del vecchio ruolo svolto dall’obiettività per questo noi vogliamo, necessitiamo, possiamo avere e pretendiamo trasparenza.
Dovrebbe essere l'orgoglio di una democrazia! Invece la partecipazione viene avvertita come un ostacolo.
A L'Aquila il terremoto del 6 aprile 2009 ha creato danni, disordine, perdita d'identità; la gestione del dopoterremoto ha creato disinteresse per la cosa pubblica e sfiducia.
L'allontanamento degli aquilani ha evitato alle autorità il controllo necessario in democrazia, abbiamo oggi una città appetibile per affaristi e mafie di ogni tipo, autoritaria, escludente.
Potranno farne un gioiello in murature ma senza i cittadini sarà una città senz'anima, ancor più sofferente di prima, che suggerirà l'accodamento a un modo di essere non proprio, o l'abbandono.
Solo la trasparenza di tutto quanto è pubblico può dare un ruolo attivo al cittadino, solo la trasparenza nelle organizzazioni di base e l'impegno per realizzarla consente la partecipazione responsabile e proattiva in grado di creare quel senso di comunità che potrà produrre la Rinascenza della città de L'Aquila.

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