domenica 31 gennaio 2010
venerdì 29 gennaio 2010
L’AQUILA, PER RITROVARE LE ALI CI VUOLE UNA VISIONE
Registrare qualche lodevole eccezione non può che farci piacere...
Giuseppe Pennisi su Avvenire del 29 gennaio 2010
Il centro storico de L’Aquila è stato definito “nel suo insieme un’opera d’arte”. Quindi, la sua ricostruzione merita la diligenza con la quale vengono restaurate le opere d’arte. Per questo motivo, le tematiche della ricostruzione del centro storico de L’Aquila sono da mesi uno degli argomenti all’attenzione del Consiglio Superiore per i beni culturali e paesaggistici.
La ricostruzione del centro storico de L’Aquila comporta non solamente aspetti tecnici ed artistici ma anche trovare il modo per fare sì che esso diventi di nuovo il cuore di una città viva, non un museo accanto a cento nuovi villaggio che -mutuando l’efficace definizione di Moravia a proposito di Los Angeles – tentano di diventare una città.
Il problema è concreto ed immediato. Già nell’ottobre 2004, ad un congresso scientifico al Politecnico di Torino, l’Audis (associazione di studiosi della riconversione dei aree dismesse) ha lanciato un vero e proprio di allarme sul progressivo esodo della popolazione dai centri storici di molti Paesi europei verso nuove periferie attrezzate con grandi supermercati, cinema multiplex e simili. Da decenni, un grido di dolore analogo viene ripetuto dall’Icromm (piccola ma importante agenzia dell’Unesco, con sede a Roma, il cui scopo principale è il restauro dei centri storici). Non mancano esempi: da quelli di Beaune in Francia,dove pur esiste uno dei monumenti più visitati del Paese ma il cui centro storico da anima dell’economia e della cultura della Borgogna è diventato una trappola per turisti a quello di Varsavia, ricostruito (dopo che Hitler ne fece fare “terra bruciata”) in base alle tele del Canaletto ma diventato una scenografia da palcoscenico o da studio cinematografico.
Per fare sì che il centro storico de L’Aquila abbia un’anima non basta una ricostruzione ad opera d’arte , effettuata con la cura e l’amore che si ha proprio nei restauri delle opere d’arte. Occorre un disegno alto che gli dia una missione forte e non si basi sulla premessa, probabilmente illusoria, che, una volta completato il restauro, la popolazione rientri in abitazioni (spesso meno “moderne”) lasciate anni prima e riprenda attività economiche trasferitesi altrove.
L’Aquila è stata per secoli la capitale settentrionale dei vari Regni che si sono succeduti nel Sud dell’Italia – ultimo, in ordine di tempo, quello delle Due Sicilie. In quanto capitale settentrionale di Regni rivolti verso il Mediterraneo, si è sempre caratterizzata come centro culturale , tecnologico ed economico non solamente amministrativo. La vita economica derivava, in gran misura, da quella culturale e tecnologica.
La città può ipotizzare il proprio futuro riconquistando la propria centralità culturale e tecnologica ed utilizzando come base l’Università e il non distante Laboratorio del Gran Sasso. Mesi fa, in altra sede, ho proposto che L’Aquila si dia come missione quella di diventare la Cambridge dell’Italia centrale. Una missione più visionaria che realistica. Senza una visione, però, non si può dare un’anima neanche al centro storico più pregiato.
Ciò comporta, sin da adesso, voltare drasticamente le spalle a prassi discutibili. In primo luogo, non si può creare un’Università d’eccellenza (con centri di ricerca di eccellenza) se i professori, anche quelli nati e cresciuti a L’Aquila, sono pendolari, vi pernottano l’indispensabile, corrono tra una lezione e l’altra e vivono di fatto a Roma (dove ci sono maggiori opportunità per incarichi extra-accademici). In secondo luogo, è necessario il duro impegno per acquisire l’autorevolezza essenziale per avere un ruolo centrale in una rete culturale internazionale.
giovedì 28 gennaio 2010
a proposito di .. partecipazione alla vita politica
Bertolaso, l'uomo dei disastri diplomatici... e di tanti guai nostrani, passati e futuri...
Bertolaso che, tuttavia, resta al proprio posto come se nulla fosse accaduto.
Se almeno trasmettessero Porta a Porta anche ad Haiti forse sarebbe apprezzato di più quest’italico esempio di ‘Uomo della Provvidenza’.
martedì 26 gennaio 2010
lunedì 25 gennaio 2010
domenica 24 gennaio 2010
E' partita da L'Aquila la campagna nazionale per impedire la trasformazione della Protezione Civile in Spa come previsto dal Decreto legge del 30/12/2009
L'occasione è stata un incontro, organizzato dalla rete cittadini aquilana "3e32", tenutosi presso l'auditorium Carispaq. Moderate da Manuele Bonaccorsi, l'autore del discusso libro "Potere Assoluto - la Protezione Civile al tempo di Bertolaso" (ed.Alegre), diverse realtà territoriali, sindacali (Rdb e Cgil) e politiche (Prc e Pd) si sono confrontate per analizzare come, nel corso dei nove anni di "comando" Bertolaso, si sia trasformato quello che era nato come uno strumento di autotutela della cittadinanza. Si è partiti dal racconto "aquliano" del terremoto per spiegare come l'emergenza si sia trasformata, in Abruzzo, immediatamente in militarizzazione del territorio: «Nelle tendopoli niente volantinaggi ma anche niente cioccolata e caffè, sostanze che avrebbero potuto "eccitare" i terremotati» ha ricordato Alessandro Tettamanti del comitato. E' nato così il "modello L'Aquila", «perenne e quotidiana deroga alle norme di base», che ha gettato le fondamenta per la definizione finale della Protezione Civile Spa. «Una definizione che ha avuto il suo laboratorio nella gestione della "emergenza rifiuti" napoletana» ha spiegato Antonio Musella del presidio di Chiaiano, per il quale il decreto, in cui si parla di "fine emergenza rifiuti in Campania", «ha l'obiettivo di instaurare un nuovo modello di governance, dove si punta ad annullare il dissenso e la partecipazione, distruggendo ogni spazio di democrazia». La costituzione della Protezione Civile Spa, come riporta il decreto, "per garantire un risparmio di tempi negli interventi del Dipartimento", «punta a costruire una SpA a capitale pubblico» spiegano della neonata Rete contro la privatizzazione della Protezione Civile «che, di fatto, può agire da general contractor, consegnando nelle mani dei privati la gestione delle emergenze». Il che, tradotto, significa che tra qualche mese la Protezione Civile potrà non solo assumere partecipazioni, detenere immobili ed avere utili (!), ma che compiti della SpA saranno gestire la flotta aerea e le risorse tecnologiche, dirigere e vigilare sugli interventi, ma soprattutto non meglio specificati compiti in tema di emergenza socio-economico-ambientale e di organizzazione dei Grandi Eventi. «Temiamo», spiegano dalla Rete «che dopo la gestione "militare" dell'emergenza terremoto e dei rifiuti, la gestione "perennemente derogatoria" dei Grandi Eventi e la futura gestione della "emergenza carceri" (che prevede la costruzione di 27 nuove strutture), la Protezione civile si potrebbe trovare a gestire la costruzione della Tav o del Ponte sullo Stretto». Tutto questo «è decisamente preoccupante» spiega Paola Angello Modica, della segreteria Cgil: «Istituire "commissari per l'emergenza" nel nostro paese significa dire che, in Italia, tutto è commissariabile. Commissariare, significa porre le condizione per derogare a qualsiasi norma. Ed estendere il concetto di emergenza a quelle socio-economico-ambientali potrebbe significare, ad esempio, la possibilità di intervenire per bloccare scioperi che possono disturbare qualcuno?». «Quello contro cui ci batteremo» spiega Maurizio Acerbo, consigliere regionale Abruzzo del Prc,«è che "qualcuno" si stia approfittando della crisi, del terremoto de L'Aquila, ieri, e di Haiti, oggi, dell'emergenza rifiuti e dell'emergenza traffico, per gettare le basi affinché la Protezione Civile possa produrre degli "utili" a livello economico». La prova di tutto ciò «già si è avuta a Napoli» commentano dalla Rete, «dove, dopo (non) aver risolto l'emergenza rifiuti, la Protezione Civile ha presentato al Comune un conto di ben 160 milioni di euro». La mobilitazione per fermare tutto ciò è partita. Prossimo appuntamento, Roma, quando il decreto sbarcherà in Parlamento.
sabato 23 gennaio 2010
venerdì 22 gennaio 2010
giovedì 21 gennaio 2010
Haiti : se la classe politica lo permettrà si potrà avere un paese con delle infrastrutture, una speranza e basta
Da una lettera in mail list da Haiti
haiti ….
Desolazione, paura, aiuti che arrivano in Haiti, ma non alla gente.
I morti sono per lo più stati tolti, ma non quelli sotto le macerie. Tanta puzza di cadaveri e di escrementi vari.
Cumuli di macerie ovunque.
Tanti i perduti, cari e meno cari, gente senza volto, come le rovine di case irriconoscibili, rase al suolo, senza dignità che ne sia restata. Un paese condannato e senza fortuna. Una delle preoccupazioni più grandi, alla radio, nelle conferenze ufficiali, è quella che ancora una volta gli haitiani passino per un popolo di gente incapace, che non sa gestire l'emergenza, che non merita, gente cattiva, gente che ruba e stupra in situazioni come questa.
La ricostruzione prenderà tempo, e se la classe politica lo permettrà si potrà avere un paese con delle infrastrutture, una speranza e basta. Ma chi ci crede?
Bisogna crederci, ma lo si fa scetticamente.... Mostra tutto... Mostra tutto
Sgomento e smarrimento per l'oggi, ma ancor di più per il domani
In tutto questo, quello che colpisce è il senso d'abitudine con il quale la situazione viene affrontata. Tanti hanno perso tanto, alcuni tutto, ma è come se fosse stato messo in conto da sempre in una Haiti che alle catastrofi è dovuta abituarcisi, dall'inizio, dall'arrivo dei "bianchi" in poi: massacri, schiavitù, uragani, rivoluzioni, colpi di stato, embargo, alluvioni, incendi, dittature, occupazioni...e poi dell'haitiano ci si lamenta...
Gente piangere ne ho vista solo la sera stessa del grande sisma. Per lo più genitori che non ritrovavano i figli; poi niente, mai.
Quando sono entrato nei campi di sfollati, sono stati dei sorrisi che mi hanno accolto, e ancora oggi, una settimana dopo, quasi senza aiuti, ad un sorriso, rispondono ancora con un sorriso, vero, genuino. E se si dice che c'è violenza, stupri e razzie, deve sicuramente essere vero, ma io ne ho vista pochissima pur avendo girato la città in lungo e in largo.
La vita in Haiti è un terno al lotto, e in fondo lo si sà che oggi è così, ma il domani, come si dice senza fallo, è solo "si dye vlè" (se dio vuole). E ogni tanto pare che gli prenda male, e che non voglia...
Il senso di inutilità è tanto perchè gli aiuti non arrivano a destinazione, o ancora troppo poco.
E paradossalmente sembra che ci sia più tensione fra i vari inviati delle 1000 varie organizzazioni che fra la gente del popolo. E poi sono arrivati gli americani, i marines e i guardia coste(!) e altri ancora, sempre con la loro tipica arroganza, violenza verbale e aggressività, una vera manna
per tranquillizzare la situazione.
Da ieri questo popolo abituato a far fronte alla catastrofe come in altre parti del mondo si fa fronte all'inverno, si è rimboccato le maniche ed è tornato al lavoro. Certo, chi ha potuto, ognuno alla sua maniera e con le mercanzie restate. Il mercato era il mercato di un giorno qualunque.
Credete che questo dia gioia?
Io l'ho vista come il segno di un popolo che sa di non potersi permettere un momento di lutto, ne di pausa perchè non gli è concesso da nessuno.
Oggi la situazione è triste. Quella del domani fa paura. Il futuro prossimo, quando l'emergenza sarà passata e la massa incredibile di giornalisti che da un giorno all'altro hanno popolato le strade, come accade ciclicamente in occorrenza di ogni catastrofe, sarà scomparsa (una decina di giorni?), allora i nodi veri verranno al pettine e allora sì che la situazione diventerà esplosiva.
Oggi, per la prima volta dopo la scossa, sono apparse le nuvole, grigie e pesanti.
Stanotte ha cominciato a piovere.
Io ho una tenda sotto la quale dormire, ma so che siamo in pochi ad avere
questo privilegio.
Un saluto affettuoso a tutti
CREDERE nella CITTA' : giovedì 21 gennaio 2010 - Archivio di Stato -via G.Galilei - Bazzano - L'Aquila
Credo che la storia della civiltà umana, almeno dal punto di vista di un europeo, sia una storia delle città. Tutte le cose positive avvenute nella storia dell'umanità sono cose nate nella città. Nel Medioevo si diceva: l'aria della città rende liberi. Credo che questa affermazione sia assolutamente vera. Tutte le rivoluzioni, tutte le evoluzioni del pensiero scientifico, tecnologico, sociale, eccetera, sono nate nella città! -
Vezio DeLucia
mercoledì 20 gennaio 2010
domenica 17 gennaio 2010
sabato 16 gennaio 2010
venerdì 15 gennaio 2010
martedì 12 gennaio 2010
lunedì 11 gennaio 2010
Considerazioni inattuali ?
Italiano, finalmente, anche lo straniero nato in Italia
Strano paese, il nostro, costretti a nascondere anche le cose buone, affinchè la POLITICA dei Bossi non veda.