mercoledì 5 maggio 2010

Apparenza, superficialità, mancata prevenzione e responsabilità

In una lettera al Capoluogo
http://www.ilcapoluogo.com/site/Blog-del-Capoluogo.it/Il-Capoluogo-dei-lettori/Sara-Panuccio-mia-figlia
, il signor Panuccio, papà di una delle ragazze morte a Ventotene a causa della frana di un costone tufaceo, segnala gravi inadempienze da parte di chi poteva avvertire, mettere in sicurezza o impedire l'accesso.
E' il problema dell'Italia che odia le responsabilità e che da spesso la colpa agli altri o, male che va, al Padreterno e parla di "tragica fatalità".
Come "tragica fatalità" sono i nostri 308 morti di 13 mesi or sono... Perchè non si ripeta ancora meglio parlarne sempre...

Gentile sig. Panuccio,

oltre all’umana solidarietà per la perdita di una figlia durante una gita scolastica, sento il bisogno di chiedere scusa per aver contribuito anch’io , come genitore e come cittadino italiano, a creare tanto dolore. Condivido che l’unica speranza di evitare il ripetersi delle tragedie è parlarne e mantenere la memoria. Ho lavorato quarant’anni in un ente pubblico, che nulla c’entra con frane o terremoti comunque, svolgendo una attività ritenuta valida ed oggi me ne vergogno, evito quando posso di parlarne, anche perché i miei sforzi non sono stati utilizzati per migliorare la Pubblica Amministrazione ma spesso solo per far vedere che si migliorava in un sistema decisamente autoreferenziale. Più che all’ovvio dolore come genitore io voglio riferirmi al suo dolore come cittadino, all’impotenza che si prova nei confronti di una pubblica amministrazione altamente inadempiente, sorretta comunque da una coscienza popolare pressappochista , insufficiente . Tragica fatalità, ci si nasconde sempre dietro questo concetto della imprevedibilità, che non è quasi mai vero. Non è vero nel caso di Ventotene: sono anni che sta così, la situazione di pericolo è nota ma nessuno vuole vedere: ci saranno tanti altri posti simili aperti ai turisti o a ragazzi, quando poi succede si parla di tragica fatalità. E’ quello che è accaduto per il terremoto a l’Aquila. Tre mesi di scosse che annunciavano il terremoto per sentirsi dire STATE TRANQUILLI, NON C’E’ PERICOLO , e poi ritrovarsi con 308 morti! C’è stata una denuncia, ci sarà un processo ma non ci sono responsabilità: le nostre autorità locali danno premi alle persone indagate! Qui c’è di più , sulla disgrazia si è riversato tanto di quel malaffare ad aggiungere guai su guai. Ogni giorno ti senti dire che quello che importa è costruire, o ricostruire quando sarà, ma non in una ottica di qualità e mettendo realmente in sicurezza gli stabili: facendo finta di metterli in sicurezza(che senso ha spendere soldi se gli edifici non saranno sicuri? ), e intanto rubando soldi allo stato. Non c’è limite al peggio, si prova anche qui a resistere, ma è dura: ove venissero individuate le responsabilità si capirebbe una buona volta quali comportamenti è opportuno tenere per evitare disgrazie, la società potrebbe conoscere, apprendere, migliorarsi; dando sempre la colpa al padreterno si assolve l’uomo ma non si capisce quello che succede. E chi non impara dalla propria storia è destinato a ripercorrerla, purtroppo. La sua lettera ci ricorda che non abbiamo altra via che insistere nel perseguimento delle responsabilità: è un atto dovuto alla società ed alle nuove generazioni. Grazie.

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