lunedì 12 novembre 2007
venerdì 9 novembre 2007
Il risveglio dei socialisti marsicani ...da SDI ON LINE
Marsica (Aq). Nasce il Coordinamento per la Costituente Socialista Nella Marsica in Provincia dell'Aquila nasce il Coordinamento per la Costituente Socialista, ne fanno parte le componenti dello SDI del Nuovo PSI e dei Socialisti Indipendenti. L'Obbiettivo principale è di ridare a tutti i paesi dell'entroterra aquilano un Partito Socialista organizzato da quadri dirigenti, per rincominciare le grandi battaglie interrotte nel 1993 e mai più riprese a fianco delle popolazioni, e per ridare a tutti i cittadini una speranza di un futuro migliore.
mercoledì 31 ottobre 2007
...banda larga a tutto l'Abruzzo ?
ADUC - Ultimo Miglio news - News - Un anello dara' la banda larga a tutto l'Abruzzo: "Il progetto di sviluppo tecnologico del territorio abruzzese e' frutto anche di un accordo tra la Regione e Selex Service Management, societa' di Finmeccanica."
... Abruzzo Engineering
Repubblica.it | Finanza: " SELEX Service Management, società di Finmeccanica, ha stipulato un accordo con la Regione Abruzzo per realizzare un progetto di sviluppo tecnologico del territorio abruzzese"
venerdì 12 ottobre 2007
lunedì 8 ottobre 2007
...danni alla Regione
ma danni ancor più seri per tutti quei giovani che vedono compromessa ogni speranza di riscatto legata al buon uso delle tecnologie innovative.
Hanno modo comunque di ammirare come i loro nonni, nelle istituzioni e nella politica, continuando l'ammuina o il "non vedere", combattano sul fronte della quotidiana pagnotta ancora in preda ad atavici istinti famelici pre-bellici, senza minimamente curarsi neanche del baratro in cui stanno precipitando.
Amicone insiste: Quarta illegittimo rischia di creare seri danni alla Regione
Hanno modo comunque di ammirare come i loro nonni, nelle istituzioni e nella politica, continuando l'ammuina o il "non vedere", combattano sul fronte della quotidiana pagnotta ancora in preda ad atavici istinti famelici pre-bellici, senza minimamente curarsi neanche del baratro in cui stanno precipitando.
Amicone insiste: Quarta illegittimo rischia di creare seri danni alla Regione
giovedì 4 ottobre 2007
Moria degli Orsi nella Marsica
Pare siano stati avvelenati gli orsi (stricnina?)e contestualmente si evidenziano veleni di natura burocratica nell'Ente Parco, ancor più grave del fatto è la notizia divulgata senza permesso.
Come se individuare il capro espiatorio ed imputare, per esempio, il reato di lesa maestà possa assolvere dalle responsabilità la gestione del Parco, la Politica o la società Abruzzese.
Gli stessi interventi di personalità della cultura si limitano agli scongiuri.
Sul Corriere del 4 ottobre la scrittrice Dacia Maraini interviene a difesa dell’Orso Marsicano e dell’abitante umano del Parco che “non può” aver deciso la soppressione degli orsi, fonte, per molti di benessere, armonia e reddito.
Paragona gli assassini agli incendiari di questa estate e conclude dicendo “dobbiamo trovare il modo per fermare la guerra di alcuni, nemici della bellezza e di se stessi, contro la natura ”.
Come non vedere che quello che succede è frutto dell’ambiente avvelenato non solo della criminalità, più o meno organizzata, ma soprattutto comunque l’effetto disperato dell’azione impotente contro la diffusa microcriminalità di Stato, che si esprime con burocrazia politica esasperante che impone scelte non condivise, ormai contenta di vincere o stravincere anziché convincere.
In Abruzzo da troppo tempo ormai i poteri pubblici sono sordi alle indicazioni del territorio, forti e impositivi con i nativi, deboli o cedevoli con gli apparati finanziari o malavitosi in espansione.
E’ un fatto che in Abruzzo si respira, ma di cui la sinistra/destra al potere non tiene conto, poi le cose capitano… e la responsabilità è sempre e soltanto del padreterno…
Che i politici difendano il loro “non essere” posso capirlo, che anche stimati scrittori ignorino il problema a me sembra il segno di una crisi profonda.
Come se individuare il capro espiatorio ed imputare, per esempio, il reato di lesa maestà possa assolvere dalle responsabilità la gestione del Parco, la Politica o la società Abruzzese.
Gli stessi interventi di personalità della cultura si limitano agli scongiuri.
Sul Corriere del 4 ottobre la scrittrice Dacia Maraini interviene a difesa dell’Orso Marsicano e dell’abitante umano del Parco che “non può” aver deciso la soppressione degli orsi, fonte, per molti di benessere, armonia e reddito.
Paragona gli assassini agli incendiari di questa estate e conclude dicendo “dobbiamo trovare il modo per fermare la guerra di alcuni, nemici della bellezza e di se stessi, contro la natura ”.
Come non vedere che quello che succede è frutto dell’ambiente avvelenato non solo della criminalità, più o meno organizzata, ma soprattutto comunque l’effetto disperato dell’azione impotente contro la diffusa microcriminalità di Stato, che si esprime con burocrazia politica esasperante che impone scelte non condivise, ormai contenta di vincere o stravincere anziché convincere.
In Abruzzo da troppo tempo ormai i poteri pubblici sono sordi alle indicazioni del territorio, forti e impositivi con i nativi, deboli o cedevoli con gli apparati finanziari o malavitosi in espansione.
E’ un fatto che in Abruzzo si respira, ma di cui la sinistra/destra al potere non tiene conto, poi le cose capitano… e la responsabilità è sempre e soltanto del padreterno…
Che i politici difendano il loro “non essere” posso capirlo, che anche stimati scrittori ignorino il problema a me sembra il segno di una crisi profonda.
mercoledì 3 ottobre 2007
giovedì 27 settembre 2007
Abruzzo Engineering
Nell'articolo che si riporta c'è , indiretta, la cronaca della seduta del Consiglio Regionale del 25 settembre 2007,
ed un titolo che spaventa.
PrimaDaNoi.it - Quarta si firma una delibera per gestire 6mln con Abruzzo Engeneering
Tutti avremmo bisogno di capire meglio come si usano i nostri soldi per.???, ...e sapere anche come si muove chi dovrebbe controllare queste oscenità...
Caro Flaiano,
"La situazione è grave, gravissima anzi, ma non è seria"
ed un titolo che spaventa.
PrimaDaNoi.it - Quarta si firma una delibera per gestire 6mln con Abruzzo Engeneering
Tutti avremmo bisogno di capire meglio come si usano i nostri soldi per.???, ...e sapere anche come si muove chi dovrebbe controllare queste oscenità...
Caro Flaiano,
"La situazione è grave, gravissima anzi, ma non è seria"
martedì 25 settembre 2007
Il Consiglio Regionale d'Abruzzo :
una offesa al buon senso prima che alla democrazia
Si è svolto oggi, 25 settembre 2007, un Consiglio Regionale con al'ordine del giorno alcune interrogazioni di qualche interesse come per esempio quella su "Abruzzo Engineering".
Il Consiglio, presieduto da Roselli e presente l'on. Del Turco, socialista, ha deciso di non rispondere forse per non perdere tempo prezioso a chi è ormai arrivato.
Dire che sembrava un pollaio sarebbe offendere i polli.
Qualsiasi consiglio comunale di un piccolo Comune è più degno di rispetto.
Questa è gente irresponsabile che ha avuto la fortuna di vincere al totocalcio.
Ma quale dignità, o quali prospettive può offrire tale congrega!
Meglio sarebbe... se almeno stessero zitti anzichè riempirsi la bocca di socialismo... perchè ognuno ha una storia, un passato da onorare... come si legge sui giornali locali.
E' questa la tua rivoluzione morale, compagno?
Intanto, chi sono.
Sono un socialista.
Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa ha capito della storia italiana lontana e vicina. E ha capito che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale, e che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell'avvenire.
Già, ma questa è roba vecchia, pensieri di Carlo Rosselli dal carcere (non ...Roselli), noi,Socialisti odierni,proattivi, abbiamo sofferto e ora comandiamo noi!
Tanti auguri, compagno Presidente!
Il Consiglio, presieduto da Roselli e presente l'on. Del Turco, socialista, ha deciso di non rispondere forse per non perdere tempo prezioso a chi è ormai arrivato.
Dire che sembrava un pollaio sarebbe offendere i polli.
Qualsiasi consiglio comunale di un piccolo Comune è più degno di rispetto.
Questa è gente irresponsabile che ha avuto la fortuna di vincere al totocalcio.
Ma quale dignità, o quali prospettive può offrire tale congrega!
Meglio sarebbe... se almeno stessero zitti anzichè riempirsi la bocca di socialismo... perchè ognuno ha una storia, un passato da onorare... come si legge sui giornali locali.
E' questa la tua rivoluzione morale, compagno?
Intanto, chi sono.
Sono un socialista.
Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa ha capito della storia italiana lontana e vicina. E ha capito che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale, e che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell'avvenire.
Già, ma questa è roba vecchia, pensieri di Carlo Rosselli dal carcere (non ...Roselli), noi,Socialisti odierni,proattivi, abbiamo sofferto e ora comandiamo noi!
Tanti auguri, compagno Presidente!
lunedì 24 settembre 2007
Consiglio regionale del 25 settembre 2007 ore 10,30
Il capoluogo.it: Articolo / CONSIGLIO REGIONALE SU ENGINEERING, TRENITALIA, CACCIA E COSTA: "costituzione Abruzzo Engineering - delega a Lamberto Quarta"
sabato 22 settembre 2007
giovedì 13 settembre 2007
Socialisti d'Abruzzo: che fare?
Non vorrei vivere secondo le circostanze, l'ambiente e le convenzioni materiali, ma, senza curarmi delle conseguenze, vorrei vivere e lottare per quello che a me apparirà giusto e vero.
Ignazio Silone (Vino e Pane)
Capita di vedere a congresso tanti bravi compagni: tante emozioni ed individualità positive, una volontà collettiva razionale fiaccata dalle circostanze, si sente l'estraneità di ogni nuova prassi emergente nell'ambito della sedicente sinistra, la dissonanza netta con quanto appare vero e giusto.
Chiarissimo quello che non si vuole, un po meno quello che si vuole.
Lo scrittore abruzzese, tempo fa, scrisse qualcosa a proposito di valori autentici Abruzzesi che naturalmente informano l'azione socialista... perchè non provare ad ascoltarlo?
Ignazio Silone (Vino e Pane)
Capita di vedere a congresso tanti bravi compagni: tante emozioni ed individualità positive, una volontà collettiva razionale fiaccata dalle circostanze, si sente l'estraneità di ogni nuova prassi emergente nell'ambito della sedicente sinistra, la dissonanza netta con quanto appare vero e giusto.
Chiarissimo quello che non si vuole, un po meno quello che si vuole.
Lo scrittore abruzzese, tempo fa, scrisse qualcosa a proposito di valori autentici Abruzzesi che naturalmente informano l'azione socialista... perchè non provare ad ascoltarlo?
mercoledì 12 settembre 2007
martedì 4 settembre 2007
lunedì 3 settembre 2007
domenica 2 settembre 2007
mercoledì 22 agosto 2007
martedì 21 agosto 2007
giovedì 16 agosto 2007
lunedì 30 luglio 2007
Banda larga o digital divide? : in Abruzzo siamo molto ... lontani
Giorni fa è apparsa su web questa foto con una didascalia dell'autore che chiedeva se non si trattasse della realizzazione della agognata banda larga abruzzese.
Nel forum sono seguiti una serie di interventi, più o meno coloriti, su quest'araba fenice: qualcuno, più smaliziato, arrivava a scommettere che si trattava di una messinscena, una riedizione del vecchio progetto Socrates, per spillare altri soldi allo Stato, lavori già fatti che si contabilizzano di nuovo, etc., etc.
Tante chiacchiere la cui ragion d'essere non è solo la legittima curiosità di giovani, ma soprattutto l'assenza più assoluta di informazioni reali in merito da parte degli organi di governo Abruzzese che pur hanno creato una spa ad hoc "Abruzzo Engineering".
Capitale pubblico perchè i soldi sono sempre dei cittadini, gestione privata per essere più liberi.
L'obiettivo è, da dichiarazioni alla stampa, azzerare in tre anni il digital divide in Abruzzo.
Come mai c'è un silenzio assordante su come opera questa società? Dovrebbe esserci trasparenza, non possiamo pensare che tutto si riduca al finanziamento (sia pure consistente 100mila o 400mila euro?) di società di pallacanestro "per accreditarsi quali gestori di impianti di sicurezza per il nascente villaggio Olimpico di Chieti"(sic): che cosa c'entrano gli impianti di sicurezza con il digital divide?
E' però vero che questa cosa interessa tutti, principalmente per il tema che pretende di affrontare e risolvere.
Forse non è sbagliato cominciare a parlarne. Intanto definiamo i termini.
Da Wikipedia:
“Con digital divide (divario digitale) si intende il divario esistente nell'accesso alle nuove tecnologie (Internet, Computer)presenti nel mondo, e chi non può farlo per motivi diversi come reddito insufficiente, ignoranza, assenza di infrastrutture.”
Reddito insufficiente, ignoranza, assenza di infrastrutture….
e basterebbe questo per far capire che non è neppure il caso di scherzare sui termini, data la situazione di arretratezza in cui versa l'Abruzzo che è poca cosa rispetto a quella ce ci toccherà subire tra qualche anno se continuiamo in questo modo...
Con una situazione di mercato in cui Internet viaggia verso lo scambio effettivo di contenuti tra gli utenti (p.es. Hsupa) e gli abruzzesi costretti a spedire i loro dischetti magari per posta...
C'è una scarsa coscienza di questo, ma il danno è reale, ed i giovani lo avvertono come disagio o come rifiuto rendendo paradossalmente più facile il gioco di personaggi (inconsapevoli forse, ma non incolpevoli) che continuano la vecchia menata di utilizzare soldi pubblici senza sentire il peso della responsabilità delle scelte: se con tante università e centri di eccellenza disponibili in Regione si insiste, a pensar bene, nell’assistenzialismo partigiano e miope, non si va troppo lontano.
fuoco amico ?
Incendi, in Abruzzo va a fuoco anche la prevenzione (che non c’è)
Collepietro, the day after : un paesaggio lunare, arso, dove si coglie ancora l'immanenza del pericolo, emergono antiche paure.
Inimmaginabile! Difficile accettare che tanta violenza della natura si sia accanita su un paese preso letteralmente nella morsa del fuoco (dopo giorni di operazioni di spegnimento nelle zone circostanti): il desolante paesaggio ci ricorda i nostri limiti, la nostra fragilità e purtroppo l'atavica rassegnazione.
A leggere i commenti dei politici si rimane ancor più senza respiro: possibile che non si colga il senso di quello che ci capita, non riusciamo a capire che se i nostri paesi sono senz'anima non c'è santo che tenga: sono destinati a scomparire comunque, le case servono se ci sono i giovani, i cinghiali servono se anche l'uomo è messo in condizione di sopravvivere.
Ci illudiamo che si possa sopravvivere senza stare al passo con i tempi, scegliendo, per conformismo politico sociale e di budget (con società in house che succhiano il 90% del bilancio della provincia), di abbandonare i paesi piccoli perchè costano troppo per i voti che rendono.
I danni per la devastazione da incendio li addebitiamo solo e soltanto al padreterno.
Chissà a chi addebiteremo i gravissimi danni derivanti dall'inerzia regionale sulla informatizzazione, sulle autostrade dell'informazione ove i nostri politici ancora confondono la banda larga con bande di altro tipo e forse ne hanno paura.
Continuiamo a non vedere, non vogliamo assumerci le nostre responsabilità, ma il conto ci verrà presentato ben presto! Ai cittadini abruzzesi, non ai politici che, si sa, quando si tratta di ricostruire, monitorare, spendere i nostri soldi in pseudo-progetti avveniristici, sono sempre presenti!
giovedì 26 luglio 2007
martedì 24 luglio 2007
lunedì 23 luglio 2007
una società contadina alla ricerca degli elementi di una coscienza civile che sia frutto di un comune rapporto
Abbiamo parlato fino ad ora quasi esclusivamente della nostra piccola Valle Subequana: tanti amici si sono avvicinati; incoraggiamenti, complimenti ma poca vera partecipazione, come se scambiarsi le opinioni su un giornale fosse molto più difficoltoso che parlare in piazza.
Il guaio è che stiamo perdendo l’abitudine alla piazza, non comunichiamo che per partiti, per slogan, per pregiudizio, si ha quasi paura di esporre le proprie idee autentiche.
Ci sembra tutto poco importante, ma è solo partecipando davvero, con la nostra autenticità, che possiamo contribuire al bene comune, che può funzionare la democrazia.
C’è, invero, consapevolezza di ciò ma avvertiamo una difficoltà reale a interloquire, all’ascolto attivo, a confrontarsi, a partecipare attivamente, difficoltà contagiosa che alimenta anche la nostra pigrizia.
Stiamo diventando una società di saggi cui basta il silenzio? siamo troppo pochi? è la dimensione limitata? sono pochi problemi? sono solo problemi di pochi?
Siamo fatti così, avvertiamo il disagio e tolleriamo bene la sofferenza, forti e gentili in fondo, da abruzzesi doc.
Siamo in buona compagnia: problemi simili esistono anche nelle nostre città e nella nostra regione: sembra non funzionare più nulla, la politica vera è lontana, le istituzioni pure.
Annunci magniloquenti senza fatti concreti, continui giri di valzer, l’inaugurazione di qualche mostra, ma quale consapevolezza ha il cittadino medio dell’attività reale dei vari livelli istituzionali che possa far pensare a sviluppo o a speranza per i nostri giovani?
Poi, quando le cose private vanno male, le colpe sono degli altri, della politica sentita come cosa inaccessibile, che riguarda gli altri.
E questo crea distanza, difficoltà, anche per il politico che evita la gente scontenta, magari si spende per tutti ma non sente gratificazione genuina, non comunica per non sentirsi accusato, incompreso.
Parliamo della comunità, della provincia, della regione: c'è sempre una cappa di diffidenza nel dare fiducia su un agire velato dei vari livelli istituzionali che operano con la consapevolezza di non poter rendere conto che a se stessi, visto che nessuno più li capisce, e quindi di non dover rendere conto che se stessi.
Si è così creata una situazione di irresponsabilità globale in cui ognuno recita a soggetto. Ma nessuno è contento, attori, comparse e pubblico plaudente.
E se provassimo sul serio ad ascoltarci? Semplicemente, senza pregiudizi: io ho il dovere di ascoltare il mio rappresentante politico e di dargli fiducia, il rappresentante politico ha il dovere di ascoltare, leggere le istanze gli vengono rivolte, qualche volta rispondere...
Si, rispondere, comunicare … perché non basta operare in modo più o meno illuminato (chi sta in alto vede più luce, sa e vede di più), la democrazia oltre che responsabilità, è rispetto della forma, trasparenza, libertà di accesso, partecipazione.
Abbiamo oggi un governo centrale che sembra aver capito il valore della partecipazione, della trasparenza, abbiamo governi locali che hanno difficoltà a intendere questo semplice concetto.
La trasparenza genera fiducia, l'ascolto genera fiducia, la condivisione genera forza, azione, sviluppo. E non vi è dubbio che l'intero Abruzzo, per uscire e svegliarsi dal sonno dannunziano di Maja, ha necessità di unirsi e guardare avanti, non di dividersi e litigare come i polli di Renzo.
A cominciare dai vertici istituzionali, che dovrebbero rispondere a tutti, maggioranza, minoranza e minoranze interne: c’era un personaggio aquilano che a chi gli offriva un passaggio in auto per accompagnarlo a casa rispondeva “Grazie,n’altra volta magari, mò non ho tempo, vado di corsa”.
L'unione e lo sviluppo si realizzano cercando di capire e facendo le cose è possibile fare, che è nell'interesse di tutti, risolvendo prima i problemi comuni e chiamando tutti all'azione, non alla guerra.
Proprio recentemente, in un articolo su L’editoriale del 18 luglio 2007, l'economista Piero Carducci, considerando le grosse difficoltà della regione nell’attrarre nuove aziende a causa della concorrenza, parla in questi termini: " Infrastrutture e conoscenza sono il futuro dell’Abruzzo”, ma ciò che si può fare ora, nel breve periodo, imitando le migliori prassi, è la massiccia diffusione della società dell'informazione ".
Qualcosa di simile, molto più semplicemente e grezzamente, c'eravamo permessi di suggerire al presidente della regione prima che accettasse la candidatura (nostra lettera dell'8-3-2005) perché pensiamo che quello che si può fare in una regione devastata come un Abruzzo sia qualcosa a basso costo come la diffusione della società dell'informazione in tutti gli strati della società creando un contesto favorevole allo sviluppo dell'innovazione, che non abbia paura del nuovo, che sia disposto a investire sul nuovo e sul rischio.
Non una risposta, ma qualche segnale in questa direzione ce lo aspettavamo.
Invece sono passati due anni e non si conosce nulla dei processi avviati se non le annunciazioni su fantomatici personaggi che magicamente dovrebbero risolvere problemi che non sono comunque solo tecnici, che possono essere affrontati con risorse che abbiamo in Abruzzo ma comportano coinvolgimento, partecipazione, lavoro, pazienza: ben vengano gli innovatori rivoluzionari, ma conoscere come stanno oggi le cose, i progetti, i work in progress, le realizzazioni effettive riguarda tutti noi, e, in una situazione in cui la comunicazione funzionasse, non avremmo certo bisogno di chiederlo.
Le altre regioni avanzano sia in termini di innovazione che democrazia, sono regioni più aperte di noi, dove si comunica: da noi appare solo un gioco di parole per i politici di turno anche il digital divide che aumenta...
Nessuno che si chieda di cosa stiano parlando..
Qualche sforzo di comunicazione dovremmo farlo tutti, è pericoloso lasciare soli capra e cavoli.
Nessuno vuole giudicare ma è proprio impossibile fare qualcosa affinchè la comunicazione funzioni anche in Abruzzo? Forse, oltre che pretendere buona fede o capacità, dovremmo avere politici che sentano naturalmente di dover rendere conto e su questo impostare le loro fortune.
Sarebbe pretendere troppo allo stato attuale, sarà difficile avere più chiarezza, ma è troppo importante per tutti: è opportuno cominciare davvero dall’ABC, verso tutti, dalle basi della comunicazione come diritto primario la cui espressione può solo migliorare la collettività, un dibattito ampio, serio che i vari Enti preposti (università, fondazioni, scuole, associazioni) potrebbero contribuire ad avviare nei tanti mega eventi che caratterizzano le nostre estemporanee culturali.
Ezio Bianchi
L'Aquila 23 luglio 2007
Il guaio è che stiamo perdendo l’abitudine alla piazza, non comunichiamo che per partiti, per slogan, per pregiudizio, si ha quasi paura di esporre le proprie idee autentiche.
Ci sembra tutto poco importante, ma è solo partecipando davvero, con la nostra autenticità, che possiamo contribuire al bene comune, che può funzionare la democrazia.
C’è, invero, consapevolezza di ciò ma avvertiamo una difficoltà reale a interloquire, all’ascolto attivo, a confrontarsi, a partecipare attivamente, difficoltà contagiosa che alimenta anche la nostra pigrizia.
Stiamo diventando una società di saggi cui basta il silenzio? siamo troppo pochi? è la dimensione limitata? sono pochi problemi? sono solo problemi di pochi?
Siamo fatti così, avvertiamo il disagio e tolleriamo bene la sofferenza, forti e gentili in fondo, da abruzzesi doc.
Siamo in buona compagnia: problemi simili esistono anche nelle nostre città e nella nostra regione: sembra non funzionare più nulla, la politica vera è lontana, le istituzioni pure.
Annunci magniloquenti senza fatti concreti, continui giri di valzer, l’inaugurazione di qualche mostra, ma quale consapevolezza ha il cittadino medio dell’attività reale dei vari livelli istituzionali che possa far pensare a sviluppo o a speranza per i nostri giovani?
Poi, quando le cose private vanno male, le colpe sono degli altri, della politica sentita come cosa inaccessibile, che riguarda gli altri.
E questo crea distanza, difficoltà, anche per il politico che evita la gente scontenta, magari si spende per tutti ma non sente gratificazione genuina, non comunica per non sentirsi accusato, incompreso.
Parliamo della comunità, della provincia, della regione: c'è sempre una cappa di diffidenza nel dare fiducia su un agire velato dei vari livelli istituzionali che operano con la consapevolezza di non poter rendere conto che a se stessi, visto che nessuno più li capisce, e quindi di non dover rendere conto che se stessi.
Si è così creata una situazione di irresponsabilità globale in cui ognuno recita a soggetto. Ma nessuno è contento, attori, comparse e pubblico plaudente.
E se provassimo sul serio ad ascoltarci? Semplicemente, senza pregiudizi: io ho il dovere di ascoltare il mio rappresentante politico e di dargli fiducia, il rappresentante politico ha il dovere di ascoltare, leggere le istanze gli vengono rivolte, qualche volta rispondere...
Si, rispondere, comunicare … perché non basta operare in modo più o meno illuminato (chi sta in alto vede più luce, sa e vede di più), la democrazia oltre che responsabilità, è rispetto della forma, trasparenza, libertà di accesso, partecipazione.
Abbiamo oggi un governo centrale che sembra aver capito il valore della partecipazione, della trasparenza, abbiamo governi locali che hanno difficoltà a intendere questo semplice concetto.
La trasparenza genera fiducia, l'ascolto genera fiducia, la condivisione genera forza, azione, sviluppo. E non vi è dubbio che l'intero Abruzzo, per uscire e svegliarsi dal sonno dannunziano di Maja, ha necessità di unirsi e guardare avanti, non di dividersi e litigare come i polli di Renzo.
A cominciare dai vertici istituzionali, che dovrebbero rispondere a tutti, maggioranza, minoranza e minoranze interne: c’era un personaggio aquilano che a chi gli offriva un passaggio in auto per accompagnarlo a casa rispondeva “Grazie,n’altra volta magari, mò non ho tempo, vado di corsa”.
L'unione e lo sviluppo si realizzano cercando di capire e facendo le cose è possibile fare, che è nell'interesse di tutti, risolvendo prima i problemi comuni e chiamando tutti all'azione, non alla guerra.
Proprio recentemente, in un articolo su L’editoriale del 18 luglio 2007, l'economista Piero Carducci, considerando le grosse difficoltà della regione nell’attrarre nuove aziende a causa della concorrenza, parla in questi termini: " Infrastrutture e conoscenza sono il futuro dell’Abruzzo”, ma ciò che si può fare ora, nel breve periodo, imitando le migliori prassi, è la massiccia diffusione della società dell'informazione ".
Qualcosa di simile, molto più semplicemente e grezzamente, c'eravamo permessi di suggerire al presidente della regione prima che accettasse la candidatura (nostra lettera dell'8-3-2005) perché pensiamo che quello che si può fare in una regione devastata come un Abruzzo sia qualcosa a basso costo come la diffusione della società dell'informazione in tutti gli strati della società creando un contesto favorevole allo sviluppo dell'innovazione, che non abbia paura del nuovo, che sia disposto a investire sul nuovo e sul rischio.
Non una risposta, ma qualche segnale in questa direzione ce lo aspettavamo.
Invece sono passati due anni e non si conosce nulla dei processi avviati se non le annunciazioni su fantomatici personaggi che magicamente dovrebbero risolvere problemi che non sono comunque solo tecnici, che possono essere affrontati con risorse che abbiamo in Abruzzo ma comportano coinvolgimento, partecipazione, lavoro, pazienza: ben vengano gli innovatori rivoluzionari, ma conoscere come stanno oggi le cose, i progetti, i work in progress, le realizzazioni effettive riguarda tutti noi, e, in una situazione in cui la comunicazione funzionasse, non avremmo certo bisogno di chiederlo.
Le altre regioni avanzano sia in termini di innovazione che democrazia, sono regioni più aperte di noi, dove si comunica: da noi appare solo un gioco di parole per i politici di turno anche il digital divide che aumenta...
Nessuno che si chieda di cosa stiano parlando..
Qualche sforzo di comunicazione dovremmo farlo tutti, è pericoloso lasciare soli capra e cavoli.
Nessuno vuole giudicare ma è proprio impossibile fare qualcosa affinchè la comunicazione funzioni anche in Abruzzo? Forse, oltre che pretendere buona fede o capacità, dovremmo avere politici che sentano naturalmente di dover rendere conto e su questo impostare le loro fortune.
Sarebbe pretendere troppo allo stato attuale, sarà difficile avere più chiarezza, ma è troppo importante per tutti: è opportuno cominciare davvero dall’ABC, verso tutti, dalle basi della comunicazione come diritto primario la cui espressione può solo migliorare la collettività, un dibattito ampio, serio che i vari Enti preposti (università, fondazioni, scuole, associazioni) potrebbero contribuire ad avviare nei tanti mega eventi che caratterizzano le nostre estemporanee culturali.
Ezio Bianchi
L'Aquila 23 luglio 2007
venerdì 20 luglio 2007
giovedì 19 luglio 2007
mercoledì 18 luglio 2007
martedì 17 luglio 2007
L'ennesimo piano di sviluppo - a chi giova ???
Parco Sirente Velino, arriva il piano di sviluppo socio-economico del parco
Trenta anni fa ci capitò di parlare d'impeto della grande rapina che i falchi preparavano sul Sirente; quanti soldi sprecati: hanno rubato milioni e procurato danni per miliardi.
Ora stessa tiritela, piani di sviluppo e cazzate varie.
La realtà oggi è visibile a tutti. Si rigira lo stesso film!
Ecco un altro piano, che vuoile essere qualcosa di più di un avverbio
«Si tratta di una grande opportunità per il Sirente Velino», sostiene il direttore Oremo Di Nino. Si volta pagina» al parco naturale regionale Sirente-Velino, tra i più estesi e importanti d'Italia.
Non conosciamo il direttore ma sul piano o quant'altro dovremmo capire qualcosa in più!
Trenta anni fa ci capitò di parlare d'impeto della grande rapina che i falchi preparavano sul Sirente; quanti soldi sprecati: hanno rubato milioni e procurato danni per miliardi.
Ora stessa tiritela, piani di sviluppo e cazzate varie.
La realtà oggi è visibile a tutti. Si rigira lo stesso film!
Ecco un altro piano, che vuoile essere qualcosa di più di un avverbio
«Si tratta di una grande opportunità per il Sirente Velino», sostiene il direttore Oremo Di Nino. Si volta pagina» al parco naturale regionale Sirente-Velino, tra i più estesi e importanti d'Italia.
Non conosciamo il direttore ma sul piano o quant'altro dovremmo capire qualcosa in più!
venerdì 29 giugno 2007
Ambiente e energia: è conveniente per noi ?
Se ne parla tanto oggi, forse troppo. Cerchiamo di capire.
Definire un contesto è definire un ambiente: è ciò che ci contiene, è il nostro liquido amniotico, il nostro tutto.
Conoscere, osservare, sentire, vivere in modo consapevole il nostro ambiente.
Ci viviamo dentro senza accorgercene, lo diamo per scontato, non è cosa diversa da noi.
Parliamo di benessere o di malessere, di ambiente sano o malsano.
C’è una strettissima relazione tra noi e l’ambiente in cui viviamo: è sfruttando l’ambiente che la nostra vita si è evoluta, a dispetto dell’ambiente spesso, abusandone senza tener conto che abusiamo di noi stessi.
In questa logica tutti oggi ci accorgiamo che stiamo toccando il fondo: ci viviamo male e stentiamo a prendere coscienza che il nostro ambiente dipende da noi; sta a noi mantenerlo pulito, sta a noi mantenerlo energetico e produttivo di positività anche per noi.
Parliamo di lotta contro le avversità ambientali senza tener conto che l’ambiente ci è amico: una cosa è cogliere i frutti, altro tagliare la pianta.
Oggi cominciamo ad accorgerci che abbiamo passato il segno, che non si giustifica una attività umana in contrapposizione all’ambiente, che possiamo fruirne senza tradirlo, perché può rendere molto di più in termini energetici se utilizzato bene.
Da esperimenti scientifici degli ultimi anni si dimostra che l’acqua pura cristallizza in forme geometriche perfette, armoniose, belle, che suscitano stupore mentre l’acqua inquinata presenta cristallizzazione disarmoniche, brutte, spettrali, che suscitano paura.
Siamo naturalmente attratti da acqua o ambiente puliti, respingiamo acqua o ambiente sporchi.
Per l’uomo è la stessa cosa: se sta in un ambiente sano può vivere nella bellezza, nella serenità; se è costretto in un ambiente malsano a lungo andare ne assorbe gli umori, l’inquinamento, le paure, la violenza.
E’ così per tutto e tutti : per noi che abitiamo la valle Subequana, per quelli che vorremmo che venissero a vivere da noi, vale anche per i nostri figli : dovremmo renderci conto che ogni ambiente, ogni microcosmo, autosviluppato secondo le naturali vocazioni, dà il meglio di se, il massimo di energia e bellezza: è di per sé armonico, apportatore di positività, energetico per tutti i suoi componenti, è amore.
Ma è forse anche sufficiente rispettarlo, conoscerlo, capirlo, viverci in conformità alle sue valenze.
L’uomo, nel suo procedere, si è evoluto distruggendo, depredando l’ambiente, ha prevalso sempre la paura e il senso di colpa, la violenza e la ricerca di sicurezza: oggi un po’ è cresciuto, ha cominciato a capire; il mondo intero sta prendendo consapevolezza dell’interdipendenza che c’è tra l’ambiente e tutte le sue creature, e soprattutto che è arrivata l’ora di armonizzarci con l’ambiente, per meritare il suo rispetto.
Espressioni che fino a qualche tempo fa erano tipiche degli utopisti o sognatori ora si sentono sulla bocca di capi di stato, si scrivono su documenti ufficiali, fanno parte di solenni impegni della Comunità Europea e delle politiche mondiali per lo Sviluppo Sostenibile.
Mentre questa ondata di consapevolezza si riversa sul mondo c’è qualcosa che noi , nella nostra piccola Valle Subequana, possiamo fare oggi per allinearci al comune nuovo sentire ?
E’ conveniente per noi ?
Per fortuna la nostra Valle non ha subito inquinamento industriale, non è stato fatto molto e questo oggi torna a nostro vantaggio, ha subito un forte spopolamento che ha depauperato in termini energetici, di volontà propositive, la nostra fauna umana, subiamo oggi una arretratezza culturale, strumentale, tecnologica che sembra penalizzarci… ma stanno oggi veramente meglio lì dove sembra essere più facile , più leggera o interessante la vita, tra agglomerati o periferie urbane caotiche, guerriglia urbana,traffico a livelli di oscenità, assenza di rapporto umano?
L’uomo cerca sempre quello che non ha, chi ha vissuto nelle metropoli cerca il silenzio delle nostre valli, chi è rimasto qui sente magari i limiti dell’attuale fase di sviluppo rispetto al cosidetto potenziale evocato soprattutto dalla società mediatica.
Ma in termine di benessere esistenziale la nostra situazione sembra decisamente più facilmente migliorabile e siamo chiamati oggi a rispondere dell’impiego ottimale delle nostre risorse in senso globale, non egoistico.
Una volta risolto il problema dei collegamenti telematici con il resto del mondo, si tratta di superare difficoltà o limiti anche culturali ma nelle nostre zone interne c’è oggi la possibilità di attuare realmente metodiche per uno sviluppo sostenibile con buone possibilità di successo.
Si pongono grossi problemi di riconversione di stili di vita, ma le potenzialità le abbiamo: il nostro ambiente, molto meno inquinato che altrove, può continuare a fornirci l’energia di cui abbiamo bisogno.
Si tratta poi di decidere se vogliamo continuare il sonno di Maja e lamentarci o prendere atto che è venuto il nostro momento per partecipare a pieno titolo alla positività della vita , prenderci le nostre responsabilità, scegliere una priorità di valori, di uomini, dare loro fiducia ed operare insieme in una situazione di democrazia reale informata appunto a criteri di fiducia, collaborazione e tolleranza, non di rivendicazionismo iroso e prepotente.
La consapevolezza appunto che possiamo farcela, perché in fondo l’ambiente è energia e noi oggi abbiamo un ambiente favorente.
Definire un contesto è definire un ambiente: è ciò che ci contiene, è il nostro liquido amniotico, il nostro tutto.
Conoscere, osservare, sentire, vivere in modo consapevole il nostro ambiente.
Ci viviamo dentro senza accorgercene, lo diamo per scontato, non è cosa diversa da noi.
Parliamo di benessere o di malessere, di ambiente sano o malsano.
C’è una strettissima relazione tra noi e l’ambiente in cui viviamo: è sfruttando l’ambiente che la nostra vita si è evoluta, a dispetto dell’ambiente spesso, abusandone senza tener conto che abusiamo di noi stessi.
In questa logica tutti oggi ci accorgiamo che stiamo toccando il fondo: ci viviamo male e stentiamo a prendere coscienza che il nostro ambiente dipende da noi; sta a noi mantenerlo pulito, sta a noi mantenerlo energetico e produttivo di positività anche per noi.
Parliamo di lotta contro le avversità ambientali senza tener conto che l’ambiente ci è amico: una cosa è cogliere i frutti, altro tagliare la pianta.
Oggi cominciamo ad accorgerci che abbiamo passato il segno, che non si giustifica una attività umana in contrapposizione all’ambiente, che possiamo fruirne senza tradirlo, perché può rendere molto di più in termini energetici se utilizzato bene.
Da esperimenti scientifici degli ultimi anni si dimostra che l’acqua pura cristallizza in forme geometriche perfette, armoniose, belle, che suscitano stupore mentre l’acqua inquinata presenta cristallizzazione disarmoniche, brutte, spettrali, che suscitano paura.
Siamo naturalmente attratti da acqua o ambiente puliti, respingiamo acqua o ambiente sporchi.
Per l’uomo è la stessa cosa: se sta in un ambiente sano può vivere nella bellezza, nella serenità; se è costretto in un ambiente malsano a lungo andare ne assorbe gli umori, l’inquinamento, le paure, la violenza.
E’ così per tutto e tutti : per noi che abitiamo la valle Subequana, per quelli che vorremmo che venissero a vivere da noi, vale anche per i nostri figli : dovremmo renderci conto che ogni ambiente, ogni microcosmo, autosviluppato secondo le naturali vocazioni, dà il meglio di se, il massimo di energia e bellezza: è di per sé armonico, apportatore di positività, energetico per tutti i suoi componenti, è amore.
Ma è forse anche sufficiente rispettarlo, conoscerlo, capirlo, viverci in conformità alle sue valenze.
L’uomo, nel suo procedere, si è evoluto distruggendo, depredando l’ambiente, ha prevalso sempre la paura e il senso di colpa, la violenza e la ricerca di sicurezza: oggi un po’ è cresciuto, ha cominciato a capire; il mondo intero sta prendendo consapevolezza dell’interdipendenza che c’è tra l’ambiente e tutte le sue creature, e soprattutto che è arrivata l’ora di armonizzarci con l’ambiente, per meritare il suo rispetto.
Espressioni che fino a qualche tempo fa erano tipiche degli utopisti o sognatori ora si sentono sulla bocca di capi di stato, si scrivono su documenti ufficiali, fanno parte di solenni impegni della Comunità Europea e delle politiche mondiali per lo Sviluppo Sostenibile.
Mentre questa ondata di consapevolezza si riversa sul mondo c’è qualcosa che noi , nella nostra piccola Valle Subequana, possiamo fare oggi per allinearci al comune nuovo sentire ?
E’ conveniente per noi ?
Per fortuna la nostra Valle non ha subito inquinamento industriale, non è stato fatto molto e questo oggi torna a nostro vantaggio, ha subito un forte spopolamento che ha depauperato in termini energetici, di volontà propositive, la nostra fauna umana, subiamo oggi una arretratezza culturale, strumentale, tecnologica che sembra penalizzarci… ma stanno oggi veramente meglio lì dove sembra essere più facile , più leggera o interessante la vita, tra agglomerati o periferie urbane caotiche, guerriglia urbana,traffico a livelli di oscenità, assenza di rapporto umano?
L’uomo cerca sempre quello che non ha, chi ha vissuto nelle metropoli cerca il silenzio delle nostre valli, chi è rimasto qui sente magari i limiti dell’attuale fase di sviluppo rispetto al cosidetto potenziale evocato soprattutto dalla società mediatica.
Ma in termine di benessere esistenziale la nostra situazione sembra decisamente più facilmente migliorabile e siamo chiamati oggi a rispondere dell’impiego ottimale delle nostre risorse in senso globale, non egoistico.
Una volta risolto il problema dei collegamenti telematici con il resto del mondo, si tratta di superare difficoltà o limiti anche culturali ma nelle nostre zone interne c’è oggi la possibilità di attuare realmente metodiche per uno sviluppo sostenibile con buone possibilità di successo.
Si pongono grossi problemi di riconversione di stili di vita, ma le potenzialità le abbiamo: il nostro ambiente, molto meno inquinato che altrove, può continuare a fornirci l’energia di cui abbiamo bisogno.
Si tratta poi di decidere se vogliamo continuare il sonno di Maja e lamentarci o prendere atto che è venuto il nostro momento per partecipare a pieno titolo alla positività della vita , prenderci le nostre responsabilità, scegliere una priorità di valori, di uomini, dare loro fiducia ed operare insieme in una situazione di democrazia reale informata appunto a criteri di fiducia, collaborazione e tolleranza, non di rivendicazionismo iroso e prepotente.
La consapevolezza appunto che possiamo farcela, perché in fondo l’ambiente è energia e noi oggi abbiamo un ambiente favorente.
martedì 26 giugno 2007
Cari amici della Valle Subequana
abbiamo solo avviato un dialogo, partendo dalla constatazione di una difficoltà relazionale evidente, di un disagio tra i residenti che ha reso i nostri paesi poco vivibili e poco appetibili anche al visitatore esterno.
All’evidenza di una staticità dei nostri luoghi fa riscontro una dinamicità dialettica delle varie autorità istituzionali che passano il tempo ad inaugurare e pontificare.
Gli effetti negativi di tutto il chiacchierare della politica sull’Abruzzo Verde, sul superamento del Digital Divide,sulla Conunità Montana Subequana,sull’eccellenza dei nostri Borghi, e fregnacce varie cominciano a sentirsi verso i potenziali turisti che constatano il “non fatto” o il “non vero”e, costretti a confessare a se stessi di aver frainteso i messaggi magniloquenti provinciali e regionali, meditano quanto meno una maggiore riflessione per le prossime decisioni per la vacanza.
Andrà bene all’un per cento, per i residenti nulla di nuovo , se non aumento dei prezzi, scadimento dei servizi, disillusione.
Eppure continuiamo a pensare per schemi e ad aspettarci da una politica acefala quello che non può darci.
Continuiamo ad evitare il confronto,ad isolarci nell’ideologia o nell’egoismo, continuiamo nel rancore…
Questo non porta bene : progetti, visione, creatività, costruttività, collaborazione, le cose di cui abbiamo invece bisogno per rinascere, possiamo svilupparli solo se ci carichiamo sulle spalle la nostra soma e, con umiltà, tra noi, riscopriamo il gusto di stare insieme, delle cose che ci piacciono, delle cose in cui crediamo, della espressione della nostra autenticità.
Agli altri giovani vogliamo dire che è possibile migliorare la nostra situazione: sentimenti positivi e credere nel futuro: abbiamo la forza e le carte in regola per vincere e convincere.
All’evidenza di una staticità dei nostri luoghi fa riscontro una dinamicità dialettica delle varie autorità istituzionali che passano il tempo ad inaugurare e pontificare.
Gli effetti negativi di tutto il chiacchierare della politica sull’Abruzzo Verde, sul superamento del Digital Divide,sulla Conunità Montana Subequana,sull’eccellenza dei nostri Borghi, e fregnacce varie cominciano a sentirsi verso i potenziali turisti che constatano il “non fatto” o il “non vero”e, costretti a confessare a se stessi di aver frainteso i messaggi magniloquenti provinciali e regionali, meditano quanto meno una maggiore riflessione per le prossime decisioni per la vacanza.
Andrà bene all’un per cento, per i residenti nulla di nuovo , se non aumento dei prezzi, scadimento dei servizi, disillusione.
Eppure continuiamo a pensare per schemi e ad aspettarci da una politica acefala quello che non può darci.
Continuiamo ad evitare il confronto,ad isolarci nell’ideologia o nell’egoismo, continuiamo nel rancore…
Questo non porta bene : progetti, visione, creatività, costruttività, collaborazione, le cose di cui abbiamo invece bisogno per rinascere, possiamo svilupparli solo se ci carichiamo sulle spalle la nostra soma e, con umiltà, tra noi, riscopriamo il gusto di stare insieme, delle cose che ci piacciono, delle cose in cui crediamo, della espressione della nostra autenticità.
Agli altri giovani vogliamo dire che è possibile migliorare la nostra situazione: sentimenti positivi e credere nel futuro: abbiamo la forza e le carte in regola per vincere e convincere.
L'Aquila: falsa partenza del PD ?
Testualmente, da un giornale locale…..
PD, PARTONO
DEMOCRATICI
di G. COLACITO
L'Aquila, 25 giu. - Chi scriverà la storia politica dovrà annotare che il 25 giugno 2007 a L'Aquila, si tenne la prima assemblea del PD non ancora nato. E se lo storico vorrà anche dare un commento, dovrà aggiungere che la città abruzzese fu, ancora una volta, un laboratorio politico.
Il PD, Partito Democratico, vedrà la luce forse a ottobre. E avrà un leader, che L'Aquila ha già consacrato come gradito con un applauso. Sono pagine che si scrivono, pezzetti di storia politica che si forgiano, presente il protagonista vero degli eventi: il popolo.
…….
Il tono trionfalistico viene forse dalla costatazione di una sala gremita di persone dove hanno parlato Presidente della Regione, Presidente della Provincia, Sottosegretario di Stato e Sindaco neoeletto.
Trecento posti, sala piena, età media vicina ai 60, non uno dei presenti è stato invitato a parlare: forse c’erano preoccupazioni per il caldo. Si sono ascoltate affermazioni scontate sulle magnifiche sorti e progressive e sulla considerazione matematica nuova che, in questa situazione, due più due fa cinque e quindi il 35% almeno, perpetuando una vecchia logica di incorporamento più che di inclusione o di apertura.
Se l’intento era solo l’affermazione di possanza ci è parso davvero fuori tempo.
Più che della platea c’è bisogno di partecipazione, o quanto meno della diffusione dell’appello o del manifesto dei democratici o di qualsiasi altro elaborato attinente.
Hanno eletto L’Aquila a luogo simbolico da cui avviare un percorso: un percorso di autoreferenzialità assoluta , altro che laboratorio politico.
Anche in tempo di crisi, ed il nostro lo è, è ben difficile che il potere possa davvero autoriformarsi ma qui siamo alla farsa.
Mi sembra tutto molto lontano da quanto si è detto fino ad ora nei vari documenti: se la valorizzazione del territorio passa attraverso le vecchie falangi schierate ad onorare i potenti…
Spero davvero sia una falsa partenza.
Cari saluti a tutti
ezio bianchi
PD, PARTONO
DEMOCRATICI
di G. COLACITO
L'Aquila, 25 giu. - Chi scriverà la storia politica dovrà annotare che il 25 giugno 2007 a L'Aquila, si tenne la prima assemblea del PD non ancora nato. E se lo storico vorrà anche dare un commento, dovrà aggiungere che la città abruzzese fu, ancora una volta, un laboratorio politico.
Il PD, Partito Democratico, vedrà la luce forse a ottobre. E avrà un leader, che L'Aquila ha già consacrato come gradito con un applauso. Sono pagine che si scrivono, pezzetti di storia politica che si forgiano, presente il protagonista vero degli eventi: il popolo.
…….
Il tono trionfalistico viene forse dalla costatazione di una sala gremita di persone dove hanno parlato Presidente della Regione, Presidente della Provincia, Sottosegretario di Stato e Sindaco neoeletto.
Trecento posti, sala piena, età media vicina ai 60, non uno dei presenti è stato invitato a parlare: forse c’erano preoccupazioni per il caldo. Si sono ascoltate affermazioni scontate sulle magnifiche sorti e progressive e sulla considerazione matematica nuova che, in questa situazione, due più due fa cinque e quindi il 35% almeno, perpetuando una vecchia logica di incorporamento più che di inclusione o di apertura.
Se l’intento era solo l’affermazione di possanza ci è parso davvero fuori tempo.
Più che della platea c’è bisogno di partecipazione, o quanto meno della diffusione dell’appello o del manifesto dei democratici o di qualsiasi altro elaborato attinente.
Hanno eletto L’Aquila a luogo simbolico da cui avviare un percorso: un percorso di autoreferenzialità assoluta , altro che laboratorio politico.
Anche in tempo di crisi, ed il nostro lo è, è ben difficile che il potere possa davvero autoriformarsi ma qui siamo alla farsa.
Mi sembra tutto molto lontano da quanto si è detto fino ad ora nei vari documenti: se la valorizzazione del territorio passa attraverso le vecchie falangi schierate ad onorare i potenti…
Spero davvero sia una falsa partenza.
Cari saluti a tutti
ezio bianchi
giovedì 21 giugno 2007
Valle Subequana nuda
Valle Subequana triste,
non dir che di tanti problemi
il mio non esiste.
Sono afflitto e desolato,
perone di tanti sogni
nessuno si è avverato.
La gente fugge via,
e i vecchi sono soli
al suono di un antica melodia.
Hai abbandonato i tuoi figli,
che da tanto tempo
non ricevono buoni consigli.
Terra di consorzi, parchi e d'affari,
di sedie di poltrone e di sofà,
di ricatti, di catene e di collari.
Storie, visioni e arricchimenti facili,
di fascie, di sfasci e di rinfasci,
di votazioni di guerre e di fucili.
Valle Subequana nuda,
non c'è nessuno che mi consoli
neanche la poesia di Neruda.
Mi fai sognare nel mio pellegrinaggio,
ma poi ripiombo giù in solitudine
come un topo alla tagliola nel formaggio.
Non mi dai nemmeno un pò di coraggio,
mi hai tolto anche la gratitudine
come in una scena di un naufragio.
Terra mia, piango e sento,
che la mia giovinezza
la porta via il vento.
Valle Subequana, tutti diversi,
so che non mi sentirai
quando leggerai questi versi.
So che tanto tu dormirai,
e della mia presenza
manco te ne accorgerai
non dir che di tanti problemi
il mio non esiste.
Sono afflitto e desolato,
perone di tanti sogni
nessuno si è avverato.
La gente fugge via,
e i vecchi sono soli
al suono di un antica melodia.
Hai abbandonato i tuoi figli,
che da tanto tempo
non ricevono buoni consigli.
Terra di consorzi, parchi e d'affari,
di sedie di poltrone e di sofà,
di ricatti, di catene e di collari.
Storie, visioni e arricchimenti facili,
di fascie, di sfasci e di rinfasci,
di votazioni di guerre e di fucili.
Valle Subequana nuda,
non c'è nessuno che mi consoli
neanche la poesia di Neruda.
Mi fai sognare nel mio pellegrinaggio,
ma poi ripiombo giù in solitudine
come un topo alla tagliola nel formaggio.
Non mi dai nemmeno un pò di coraggio,
mi hai tolto anche la gratitudine
come in una scena di un naufragio.
Terra mia, piango e sento,
che la mia giovinezza
la porta via il vento.
Valle Subequana, tutti diversi,
so che non mi sentirai
quando leggerai questi versi.
So che tanto tu dormirai,
e della mia presenza
manco te ne accorgerai
martedì 19 giugno 2007
...PER CHI NON è ABITUATO, PENSARE è SCONSIGLIATO...(f.g.)
L'uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come per esempio della libertà di pensiero; pretende invece come compenso la libertà di parola. (Sören Kierkegaard)
Idee e convinzioni
Le idee sono figlie del dubbio, come tutto ciò che è pensiero, e come pensiero sono perciò figlie della solitudine umana, che si manifesta solo nell'individuo. Le idee sono state quindi pensate un giorno da una persona determinata, in un momento determinato. Al contrario, potremmo dire che le convinzioni appartengono al passato, infatti le collochiamo sempre nel passato quando ci accorgiamo di averne, visto che spesso neppure ci rendiamo conto che sono convinzioni; la nostra vita ne è piena e basta. Quando si pensa, invece, si va verso il futuro: ogni idea è diretta verso il futuro e lo prepara. Viceversa, le convinzioni le sentiamo sempre provenire dal passato: per questo ci sostengono e ci offrono un riparo quando il futuro si fa oscuro e sembra chiudersi davanti ai nostri occhi.
(Ortega Y Gasset)
(Ortega Y Gasset)
Più politici, più libertà ?
Quando i molti governano, pensano solo a contentar sé stessi, e si ha allora la tirannia più balorda e più odiosa: la tirannia mascherata da libertà. (Luigi Pirandello)
lunedì 18 giugno 2007
Per il che avanzano carlini 29 e grana 4 , che ponno servire per qualche bisogno dell’unità.
Si chiudeva proprio con queste parole la relazione di Bilancio del Comune di Castelvecchio Subequo nell'anno 1744: si spendeva solo per il necessario, e si metteva da parte qualche soldo per esigenze future. Prudenza, saggezza, altri tempi.
Ma almeno qualcosa ci si capiva. Oggi si ha l'impressione che il bilancio sia ostico persino ai consiglieri comunali...
martedì 12 giugno 2007
lunedì 14 maggio 2007
Pace e sonno
L'àvetra notte 'Ntonie di Fanelle
s'arisbijà sentenne nu remùre.
Smuvì la cocce, e tra lu chiare e scure,
vidì nu latre 'nche nu scarapelle,
che jave sbuscichènne le vedelle
dentr'a li stipe e pe' le tiratùre.
"Nu latre? Chi sarà 'stu puverelle!…",
pinzà. Po' 'nche lu tone cchiù sicure:
"Gioie di zi' -je fece- giuvinotte,
ti pozza benedire la Madonne!
'N ci trove manche sale i' di jurne:
che pu' truvà' mo signurì di notte?"
S'ariccuccià la cupertòle atturne
e 'n santa pace aripijà lu sonne…
(Modesto Della Porta)
s'arisbijà sentenne nu remùre.
Smuvì la cocce, e tra lu chiare e scure,
vidì nu latre 'nche nu scarapelle,
che jave sbuscichènne le vedelle
dentr'a li stipe e pe' le tiratùre.
"Nu latre? Chi sarà 'stu puverelle!…",
pinzà. Po' 'nche lu tone cchiù sicure:
"Gioie di zi' -je fece- giuvinotte,
ti pozza benedire la Madonne!
'N ci trove manche sale i' di jurne:
che pu' truvà' mo signurì di notte?"
S'ariccuccià la cupertòle atturne
e 'n santa pace aripijà lu sonne…
(Modesto Della Porta)
venerdì 11 maggio 2007
mercoledì 9 maggio 2007
Dr. Speranza Relleva - 1875 - in difesa dei vini Abruzzesi
Quando mi venne il ticchio di gettare sulla carta poche parole in risposta al Programma Enologico, dettato dal R. Istituto d’Incoraggiamento di Napoli, ben prevedeva, conoscendo a pieno le condizioni delle cose, dei luoghi e dei tempi, che aprivasi largo campo a viva e, forse, amara polemica. Gli errori che portano 1’aureola della cattedre sono sempre dannosi ed oppressivi ; ed ora che la mia scrittura invocò il giudizio del pubblico competente (V. il Messaggìero Abruzzese ) sarebbe indecoroso il silenzio a fronte del giudizio del R. Istituto d' incoraggiamento sulla memoria del motto Vinum Spes Italiae.
Non ho aspirazioni personali, sono Abruzzese; vecchio, testereccio fino a dimostrazione contraria, sento e starò fermo nel diritto di sostenere le mie idee, i miei principii, qualunque siano, che da quattro lustri ho proclamato, e lo farò con parola libera, senza restrizione o riguardi , professando sempre il più sincero rispetto a tutti, e mirando solo al trionfo delle Scienza Enologica, ed al progresso dell' industria.
....A destra dell' Aterno, prima di scendere nel piano di Solmona, trovasi la valle Subequana; piccola se si vuole , ma in condizione favorevole alla coltura della vite. La vigna vedesi nelle colline , nel pendio dei monti e, senza contrasto, molto ben piantata, educata e coltivata. Potata a speroni, tenuta bassa con sostegni morti o senza sostegno e generalmente senz' altra coltura, produce buon mosto , che non si trova mai del peso minore di 1060. Le vigne sono annualmente rinnovate, dando la preferenza alle viti ad uve nere, e tra le bianche al Campolese, alla malvasia. Il prodotto supera il necessario pel consumo ed i vini tanto cotti, quanto crudi sono ricercati nel piccolo commercio perché reggono al trasporto, sono robusti e di buon sapore, e si noti che i montanari aggiungono dell'acqua ai vini cotti fin nella cantina. In questa valle Subequana echeggiano da 49 anni i principii enologici che , portati in atto, han provato all’evidenza ed in fatti i risultati sicuri della Scienza attuata. Tutti i vini bianchi, preparati con miglioramento razionale, divengono spumanti, non coll’interrompere la fermentazione e chiudere il mosto vino in bottiglia , come si usa scioccamente altrove , ma col procedimento scientifico di Francois, o col metodo del ritorno a zero. Quivi fu pure cercata la preparazione razionale dei vini di lusso per riprodurre i vini tipi che figurano nel gran commercio, ed il risultato non fu soddisfacente, come direbbesi alla moda, ma regolare e forse, in quanto all'aroma o profumo, superiori al tipo imitato, come venne da competenti conoscitori avvertito. Né voglia rimproverarsi di perder tempo nell' imitazione poiché questa non esiste a riguardo della scienza, e poi, senza tenere innanzi gli insegnamenti, i procedimenti da altri tenuti, come osserva lo Zimmermann, non vi può essere vero progresso. Quanto disse è ben noto negli Abruzzi e fuori. ...
giovedì 3 maggio 2007
1° maggio - festa del lavoro
sabato 28 aprile 2007
sabato 21 aprile 2007
L’Italiano, per ben vivere, deve bene ricordare
Rileggiamo una paginetta di Massimo Lelj (“Stagioni al Sirente”)
Chi è nato nelle terre del sud tra i due secoli, chi c'è stato ragazzo, si ricorda la fine delle arti popolari, l'emigrazione a mandre, due sventure successe come una sola fatalità, senza una spiegazione, un avviso. Eppure meditate, preparate, deliberate. La gente solo si accorse che lavorare l'antica materia non valeva più la pena. Se la vide morire in mano. E fu costretta a abbandonare le case, a sterrare sotto lo staffile del foreman, vagare senza speranza finché non affittò i suoi corpi alle miniere americane.
Era nata l'industria, e invece di far passare i fili della corrente dove erano i vecchi telai di quercia, i filatoi, le concerie, i torni, le mille botteghe, fabbriche, arti popolari, ereditate dal Regno di Napoli, delle quali la memoria ci è stata purgata come di una pornografia; invece di aumentare il lavoro del popolo, aveva pensato bene di chiuderci in casa, senza commercio possibile oltre il nostro paese; così aveva levato l'aria all'antico lavoro, cacciato il popolo "e poiché tutto era legato, com'è sempre, col lavoro, quelli furono gli anni del guasto disperato".
Chi è nato nelle terre del sud tra i due secoli, chi c'è stato ragazzo, si ricorda la fine delle arti popolari, l'emigrazione a mandre, due sventure successe come una sola fatalità, senza una spiegazione, un avviso. Eppure meditate, preparate, deliberate. La gente solo si accorse che lavorare l'antica materia non valeva più la pena. Se la vide morire in mano. E fu costretta a abbandonare le case, a sterrare sotto lo staffile del foreman, vagare senza speranza finché non affittò i suoi corpi alle miniere americane.
Era nata l'industria, e invece di far passare i fili della corrente dove erano i vecchi telai di quercia, i filatoi, le concerie, i torni, le mille botteghe, fabbriche, arti popolari, ereditate dal Regno di Napoli, delle quali la memoria ci è stata purgata come di una pornografia; invece di aumentare il lavoro del popolo, aveva pensato bene di chiuderci in casa, senza commercio possibile oltre il nostro paese; così aveva levato l'aria all'antico lavoro, cacciato il popolo "e poiché tutto era legato, com'è sempre, col lavoro, quelli furono gli anni del guasto disperato".
Scelte sbagliate : una vecchia storia!
Riportiamo un pezzo di storia patria tratto dal libro di Massimo Lelj "Romanzetto del Tione".
Tra il Gran Sasso e la Maiella si stende la catena del Sirente, un'antica muraglia di italici, e ci stava ancora aggrappata alla fine del secolo passato gente come ce ne sarà stata al quinto secolo di Roma, intatta, ferma, in quei siti impervi, immobile d'un'immobilità minerale, e con una drammatica vena di ulissidi solitari, che rientravano dall'Asia Minore, dalla Cina, dalla Boemia, e con famiglie che per generazioni avevano aspettato un disperso, come se, respinta dal mondo che l'aveva circondata, e l'assediava, quella gente avesse buttato propaggini al di là, in un mondo astratto e non meno avverso, prima di essere costretta a sradicarsi, e come avesse presagito e si fosse preparata alle partenze a tribù maledette, quelle orge di lacrime, vino e organetto, gridi, nelle stazioncine perdute, per andare a pagare il tributo allo staffile dei negrieri del progresso, gli uomini, e le donne, le figlie, alle botteghe sotterranee del sudore, chiuse a chiave dall'alba alla notte, e durante gl'incendi.
Schiumati del sangue disperato dell'emigrazione, i paesi ebbero in cambio dollari a bastanza da pestare acqua cambiando padrone ai piccoli patrimoni, e seguitarono a chiamarsi col nome comune e il nome latino come le piante e gli animali nella storia naturale senza badare che della loro eredità non era stato accettato neanche quell'innocuo codicillo, e seguitarono a cantare latino, leggere l'ufficio alla congregazione, così che il discorso comune era sempre un arsenale di modi latini; intatto anche l'antico nome delle valli; ma quelle parole non erano che il fondiglio di una remota sostanza, la cenere d'una civiltà più antica della cristiana, che al vento adesso sarebbe stata dispersa per sempre.
Sta col cielo chi ha qualche cosa da fare, questo è il senso religioso del lavoro; ma quei paesi erano ridotti a mettere in commercio le braccia degli uomini dopo che i machiavelli del progresso gli avevano levato l'antico lavoro senza potergliene dare un altro, e così il costume ora ci avrebbe pensato da sé a mettersi in dialettica col progresso. Massimo Lelj (“Romanzetto del Tione”)
Tra il Gran Sasso e la Maiella si stende la catena del Sirente, un'antica muraglia di italici, e ci stava ancora aggrappata alla fine del secolo passato gente come ce ne sarà stata al quinto secolo di Roma, intatta, ferma, in quei siti impervi, immobile d'un'immobilità minerale, e con una drammatica vena di ulissidi solitari, che rientravano dall'Asia Minore, dalla Cina, dalla Boemia, e con famiglie che per generazioni avevano aspettato un disperso, come se, respinta dal mondo che l'aveva circondata, e l'assediava, quella gente avesse buttato propaggini al di là, in un mondo astratto e non meno avverso, prima di essere costretta a sradicarsi, e come avesse presagito e si fosse preparata alle partenze a tribù maledette, quelle orge di lacrime, vino e organetto, gridi, nelle stazioncine perdute, per andare a pagare il tributo allo staffile dei negrieri del progresso, gli uomini, e le donne, le figlie, alle botteghe sotterranee del sudore, chiuse a chiave dall'alba alla notte, e durante gl'incendi.
Schiumati del sangue disperato dell'emigrazione, i paesi ebbero in cambio dollari a bastanza da pestare acqua cambiando padrone ai piccoli patrimoni, e seguitarono a chiamarsi col nome comune e il nome latino come le piante e gli animali nella storia naturale senza badare che della loro eredità non era stato accettato neanche quell'innocuo codicillo, e seguitarono a cantare latino, leggere l'ufficio alla congregazione, così che il discorso comune era sempre un arsenale di modi latini; intatto anche l'antico nome delle valli; ma quelle parole non erano che il fondiglio di una remota sostanza, la cenere d'una civiltà più antica della cristiana, che al vento adesso sarebbe stata dispersa per sempre.
Sta col cielo chi ha qualche cosa da fare, questo è il senso religioso del lavoro; ma quei paesi erano ridotti a mettere in commercio le braccia degli uomini dopo che i machiavelli del progresso gli avevano levato l'antico lavoro senza potergliene dare un altro, e così il costume ora ci avrebbe pensato da sé a mettersi in dialettica col progresso. Massimo Lelj (“Romanzetto del Tione”)
Le scelte che condizionano...
Il primo tracciato della ferrovia Roma - Pescara, quello tecnicamente più valido e meno costoso.
Per motivi politici, consenso elettorale o mazzette, si scelse diversamente.
La storia della nostra Valle è cambiata da allora... e non sta certo meglio la Valle Peligna o l'Abruzzo, con una ferrovia inefficiente ed inutilizzabile: gli errori si pagano, la tecnica ha le sue esigenze e le sue regole. Cento anni dopo ciò è ben evidente a tutti!
Assistiamo purtroppo ancora oggi a scelte non chiare sui nuovi sistemi di comunicazione in Abruzzo, che riguardano anche noi, come pure gli altri abitanti delle zone interne; perchè non parlarne, non far sentire le nostre ragioni: dove sono i nostri politici?
domenica 8 aprile 2007
LA ZANZARA
Un ronzo lieve lieve, e sulla mano
con un frullo si posa una zanzara.
Il corpo: un soffio, con sei zampettine.
Donde sarà venuta? Fa già freddo ...
La tromba ... Do una pacca per negarle
la gocciola di sangue che la nutre?
O il dolore che dà la sua puntura?
Agisce come deve. Sono un bruto?
Fai pure, pungimi, animuccia alata,
finchè di me ti piace, alimentarti
e ti sta a cuore la tua breve vita!
Pungi, che non ti manchino le forze!
Uomo e zanzara, entrambi altro non siamo
che piccole ombre d'una grande luce.
(Albrecht Haushofer)
con un frullo si posa una zanzara.
Il corpo: un soffio, con sei zampettine.
Donde sarà venuta? Fa già freddo ...
La tromba ... Do una pacca per negarle
la gocciola di sangue che la nutre?
O il dolore che dà la sua puntura?
Agisce come deve. Sono un bruto?
Fai pure, pungimi, animuccia alata,
finchè di me ti piace, alimentarti
e ti sta a cuore la tua breve vita!
Pungi, che non ti manchino le forze!
Uomo e zanzara, entrambi altro non siamo
che piccole ombre d'una grande luce.
(Albrecht Haushofer)
SEGRETO TIBETANO
Dove, l'inverno, la tormenta bianca
scuote le più alte cime della Terra,
nell’ombra di turriti monasteri,
arti rare sbocciarono dal capo
dei più savi dei savi che, murati
nelle lor celle, col pensiero scisso
da tempo e spazio, donano ad altrui
la luce dello spirito infrenato.
Non più che al sordo sinfonie e sonate,
rosso e verde al daltonico, quell'arte
dice al pensiero avvinto alla materia.
Dove però il portento non è fede
soltanto, ma perizia, il picciol Io
si muta ed entra nellimmenso Tu ...
(Albrecht Haushofer)
scuote le più alte cime della Terra,
nell’ombra di turriti monasteri,
arti rare sbocciarono dal capo
dei più savi dei savi che, murati
nelle lor celle, col pensiero scisso
da tempo e spazio, donano ad altrui
la luce dello spirito infrenato.
Non più che al sordo sinfonie e sonate,
rosso e verde al daltonico, quell'arte
dice al pensiero avvinto alla materia.
Dove però il portento non è fede
soltanto, ma perizia, il picciol Io
si muta ed entra nellimmenso Tu ...
(Albrecht Haushofer)
mercoledì 21 marzo 2007
venerdì 16 marzo 2007
a proposito di RISVEGLI
Dal Piemonte , un concittadino ci scrive..
Caro Direttore,
grazie per l’iniziativa di dar vita ad un periodico e grazie per l’opportunità di esprimere le mie idee in merito.
Per me RISVEGLI o rinascita è rinnovarsi di sentimenti, di stati d’animo; rifiorire di nuove idee chiare e forti da trasmettere a che possano rappresentare un punto di partenza per qualsiasi attività o processo per progredire.
Al tempo in cui sognavamo un mondo ed una vita migliori (eravamo senza bagno, senza acqua nelle case, etc.etc..), circa 50 anni or sono, io avevo un sogno particolare. Le mie origini contadine sono notorie a tutti.
Sai benissimo che la famiglia viveva principalmente col prodotto della terra che con fatica e raramente si raccoglieva in quantità modeste. Spesso il Signore ti mandava di tutto: brina, gelate, troppa acqua, siccità, grandine e altre cose ancora.
Vivevo quindi le angosce della famiglia, come tanti nelle mie stesse condizioni se non peggiori, che purtroppo somatizzavo (oggi i bambini somatizzano il troppo benessere).
Il pensiero fisso, per lo meno il più semplice da risolvere, per me era quello dell’acqua in virtù del fatto che alla “Fonte ne sgorgava tanta che non veniva utilizzata; stessa cosa alla fonte di Sant’Agata dove erano attive otto o dieci cannelle fino a luglio e qualcuna anche in agosto; salendo verso la montagna c’era “il laghetto di Padovani”. Deduzione logica mi portava a pensare che tra loro ci fosse un collegamento sotterraneo che nei momenti di forti piogge o nevicate abbondanti che si scioglievano l’acqua appariva in superficie.
Pertanto pensavo: perché non andare a captarla a monte e, come anticamente hanno fatto i Romani, ridistribuirla a valle mediante un canale con grosse vasche di accumulo come tanti piccoli laghetti da dove far partire altri piccoli canali per irrigare aree morfologicamente contigue?
Dire queste “fesserie” a quel tempo era come farsi deridere.
........
Dove vivo adesso queste cose le hanno fatte e mi piacerebbe proprio di proporre ad alcuni Amministratori dei nostri Comuni, della Comunità Montana, della Provincia ed anche della Regione, perché no, una vacanza per qualche giorno in questa piccola cittadina di quasi ventisettemila abitanti per vedere di cosa vive e come vive questa gente e cosa ha fatto per arrivare ad essere quella che è.
...........
La nostra Valle Subequana deve tornare ad essere il centro di attività e professioni antiche ma dei tempi moderni e per farlo non ci vuole molto.
Non si può continuamente pensare al solito posticino al Comune, alla Comunità Montana, o presso qualsiasi altro Ente, già pieno di inoperosi, per il figlio dell’amico che conta perché porta voti, del parente e così via.
Bisogna pensare alla collettività tutta, senza distinzione di colori e per fare questo occorrono idee chiare e forti.
La collettività non è una famiglia fatta da tre persone. Moglie, marito e figlio; è fatta di tanti figli che ogni giorno devono alimentarsi per non soffrire e non incorrere in vizi. Per grandi cose bisogna pensare in grande.
O ci si immette su un mercato ed essere competitivo o si rimane fuori da qualsiasi contesto. L’alternativa qual è? Emigrare nuovamente e fare quello che abbiamo fatto in tanti oppure attendere che i politici facciano un altro ente inutile per sistemare giovani che, prima che siano sistemati, saranno trascorsi tanti anni da essere oramai vecchi e con tanti problemi non facilmente risolvibili.
Con questo torno al mio antico pensiero.
Nella valle subequana non potrà mai sorgere una industria metal meccanica o di altro genere: Sulmona insegna. La cosa più sana, più logica e più naturale è rappresentata dal cibo che Madre Natura ci fornisce quotidianamente dalla terra dove l’uomo da sempre ha segnato il solco della vita, quindi l’agricoltura. Per questa attività che, più che mai oggi, dovrà essere riconsiderata per qualità e quantità vorrei ribadire con qualche concetto più ampio.
Il primo passo da fare sarebbe quello di individuare ....
..........................................
..........................................
Pubblicheremo per intero la bellissima lettera firmata nel prossimo numero di RISVEGLI
Caro Direttore,
grazie per l’iniziativa di dar vita ad un periodico e grazie per l’opportunità di esprimere le mie idee in merito.
Per me RISVEGLI o rinascita è rinnovarsi di sentimenti, di stati d’animo; rifiorire di nuove idee chiare e forti da trasmettere a che possano rappresentare un punto di partenza per qualsiasi attività o processo per progredire.
Al tempo in cui sognavamo un mondo ed una vita migliori (eravamo senza bagno, senza acqua nelle case, etc.etc..), circa 50 anni or sono, io avevo un sogno particolare. Le mie origini contadine sono notorie a tutti.
Sai benissimo che la famiglia viveva principalmente col prodotto della terra che con fatica e raramente si raccoglieva in quantità modeste. Spesso il Signore ti mandava di tutto: brina, gelate, troppa acqua, siccità, grandine e altre cose ancora.
Vivevo quindi le angosce della famiglia, come tanti nelle mie stesse condizioni se non peggiori, che purtroppo somatizzavo (oggi i bambini somatizzano il troppo benessere).
Il pensiero fisso, per lo meno il più semplice da risolvere, per me era quello dell’acqua in virtù del fatto che alla “Fonte ne sgorgava tanta che non veniva utilizzata; stessa cosa alla fonte di Sant’Agata dove erano attive otto o dieci cannelle fino a luglio e qualcuna anche in agosto; salendo verso la montagna c’era “il laghetto di Padovani”. Deduzione logica mi portava a pensare che tra loro ci fosse un collegamento sotterraneo che nei momenti di forti piogge o nevicate abbondanti che si scioglievano l’acqua appariva in superficie.
Pertanto pensavo: perché non andare a captarla a monte e, come anticamente hanno fatto i Romani, ridistribuirla a valle mediante un canale con grosse vasche di accumulo come tanti piccoli laghetti da dove far partire altri piccoli canali per irrigare aree morfologicamente contigue?
Dire queste “fesserie” a quel tempo era come farsi deridere.
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Dove vivo adesso queste cose le hanno fatte e mi piacerebbe proprio di proporre ad alcuni Amministratori dei nostri Comuni, della Comunità Montana, della Provincia ed anche della Regione, perché no, una vacanza per qualche giorno in questa piccola cittadina di quasi ventisettemila abitanti per vedere di cosa vive e come vive questa gente e cosa ha fatto per arrivare ad essere quella che è.
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La nostra Valle Subequana deve tornare ad essere il centro di attività e professioni antiche ma dei tempi moderni e per farlo non ci vuole molto.
Non si può continuamente pensare al solito posticino al Comune, alla Comunità Montana, o presso qualsiasi altro Ente, già pieno di inoperosi, per il figlio dell’amico che conta perché porta voti, del parente e così via.
Bisogna pensare alla collettività tutta, senza distinzione di colori e per fare questo occorrono idee chiare e forti.
La collettività non è una famiglia fatta da tre persone. Moglie, marito e figlio; è fatta di tanti figli che ogni giorno devono alimentarsi per non soffrire e non incorrere in vizi. Per grandi cose bisogna pensare in grande.
O ci si immette su un mercato ed essere competitivo o si rimane fuori da qualsiasi contesto. L’alternativa qual è? Emigrare nuovamente e fare quello che abbiamo fatto in tanti oppure attendere che i politici facciano un altro ente inutile per sistemare giovani che, prima che siano sistemati, saranno trascorsi tanti anni da essere oramai vecchi e con tanti problemi non facilmente risolvibili.
Con questo torno al mio antico pensiero.
Nella valle subequana non potrà mai sorgere una industria metal meccanica o di altro genere: Sulmona insegna. La cosa più sana, più logica e più naturale è rappresentata dal cibo che Madre Natura ci fornisce quotidianamente dalla terra dove l’uomo da sempre ha segnato il solco della vita, quindi l’agricoltura. Per questa attività che, più che mai oggi, dovrà essere riconsiderata per qualità e quantità vorrei ribadire con qualche concetto più ampio.
Il primo passo da fare sarebbe quello di individuare ....
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Pubblicheremo per intero la bellissima lettera firmata nel prossimo numero di RISVEGLI
dal Convegno ANCI 2006 - Roccadimezzo
Piccoli comuni… grande qualità : lo slogan dell’anno!
Al convegno dell’Anci a Roccadimezzo si è parlato molto, dei piccoli comuni, anche se l’unica concretezza che si è sentita è la richiesta del terzo mandato per il Sindaco.
Saranno venuti in elicottero per non aver visto i paesi circostanti e la Valle Subequana ma non ci sembravano, i partecipanti, consapevoli della realtà di questi piccoli comuni.
Per capire meglio come stanno le cose, sarebbe bastato anche parlare con qualche paesano, operaio o pensionato, che la spesa non può farla a Roccadimezzo perché costa troppo ed è costretto a servirsi dei comuni vicini, meno turistici, e meno cari, o scendere fino a L’Aquila,
Grande qualità, parco, turismo, forse c’è da chiedersi per chi?
Quale qualità della vita per l’indigeno che fa parte del parco ma non vuole finire in un museo?
Hanno deciso i rappresentanti, gli eletti, che il suo “è un elevato grado di qualità della vita” che va promosso e di cui deve essere orgoglioso.
La giunta regionale , dopo aver sentito tutti i sindaci, consiglieri, capigruppo e assessori comunali, montani, provinciali nonché prebendati a vario titolo e livello, ha messo in piedi un gruppo di lavoro composto da una dozzina di dottori per classificare il grado di marginalità e disagio di questi piccoli Comuni.
E’ una specie di “smorfia” da cui si potrà vedere subito quale comune è meritevole di finanziamenti e quali invece no! No, non amici o nemici, ma una graduatoria precisa che sulla base di precisi parametri evidenzi il diverso grado di marginalità e quindi la possibilità di accesso agli aiuti.
Resta solo da vedere quali piccoli comuni accetteranno di uscire poi da queste graduatorie.
La regione ogni 2 anni aggiornerà i criteri e gira, gira, gira … si stanno inventando di tutto, ma non disperiamo che riescano pure a dare ascolto a chi ci abita in quelle zone...
E’ vero che siamo abituati a non essere consultati neppure per lo Statuto Regionale la cui comprensione è riservata agli “eletti”, ma, in questo caso, trattandosi del disagio degli indigeni…
Ove decidessero di ascoltarli, potrebbero scoprire che ben altri sono i problemi, che oltre agli eletti ci sono i cittadini normali, con bisogni, progetti, testa e dignità propria che non necessitano certo di elemosine o prese per i fondelli, ma di discorsi chiari (anche sui limiti del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per esempio), e… poi …di strade, comunicazioni reali, formazione vera, e istituzioni efficienti per rapportarsi alla pari al resto del mondo; comunque non certo di ammuine.
I comuni sotto i 5000 abitanti comprendono il 30% della popolazione abruzzese con un reddito pro-capite inferiore di almeno il 20% ed un indice di invecchiamento triplo rispetto al resto.
Ci sono quindi meno giovani e meno unità attive, ma come vedere di buon occhio una proposta di legge regionale che, volendo sostenerne lo sviluppo, assegna loro una dotazione annua di appena € 5.000.000 (15 euro/anno a testa o 19.000 euro a Comune), meno, molto meno, del costo semestrale dei loro rappresentanti regionali?
Può risolvere l’emarginazione un metodo che trascura la partecipazione degli interessati, quali che siano la buonafede o le velleità dei proponenti?
C’è poco da essere orgogliosi…
Al convegno dell’Anci a Roccadimezzo si è parlato molto, dei piccoli comuni, anche se l’unica concretezza che si è sentita è la richiesta del terzo mandato per il Sindaco.
Saranno venuti in elicottero per non aver visto i paesi circostanti e la Valle Subequana ma non ci sembravano, i partecipanti, consapevoli della realtà di questi piccoli comuni.
Per capire meglio come stanno le cose, sarebbe bastato anche parlare con qualche paesano, operaio o pensionato, che la spesa non può farla a Roccadimezzo perché costa troppo ed è costretto a servirsi dei comuni vicini, meno turistici, e meno cari, o scendere fino a L’Aquila,
Grande qualità, parco, turismo, forse c’è da chiedersi per chi?
Quale qualità della vita per l’indigeno che fa parte del parco ma non vuole finire in un museo?
Hanno deciso i rappresentanti, gli eletti, che il suo “è un elevato grado di qualità della vita” che va promosso e di cui deve essere orgoglioso.
La giunta regionale , dopo aver sentito tutti i sindaci, consiglieri, capigruppo e assessori comunali, montani, provinciali nonché prebendati a vario titolo e livello, ha messo in piedi un gruppo di lavoro composto da una dozzina di dottori per classificare il grado di marginalità e disagio di questi piccoli Comuni.
E’ una specie di “smorfia” da cui si potrà vedere subito quale comune è meritevole di finanziamenti e quali invece no! No, non amici o nemici, ma una graduatoria precisa che sulla base di precisi parametri evidenzi il diverso grado di marginalità e quindi la possibilità di accesso agli aiuti.
Resta solo da vedere quali piccoli comuni accetteranno di uscire poi da queste graduatorie.
La regione ogni 2 anni aggiornerà i criteri e gira, gira, gira … si stanno inventando di tutto, ma non disperiamo che riescano pure a dare ascolto a chi ci abita in quelle zone...
E’ vero che siamo abituati a non essere consultati neppure per lo Statuto Regionale la cui comprensione è riservata agli “eletti”, ma, in questo caso, trattandosi del disagio degli indigeni…
Ove decidessero di ascoltarli, potrebbero scoprire che ben altri sono i problemi, che oltre agli eletti ci sono i cittadini normali, con bisogni, progetti, testa e dignità propria che non necessitano certo di elemosine o prese per i fondelli, ma di discorsi chiari (anche sui limiti del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per esempio), e… poi …di strade, comunicazioni reali, formazione vera, e istituzioni efficienti per rapportarsi alla pari al resto del mondo; comunque non certo di ammuine.
I comuni sotto i 5000 abitanti comprendono il 30% della popolazione abruzzese con un reddito pro-capite inferiore di almeno il 20% ed un indice di invecchiamento triplo rispetto al resto.
Ci sono quindi meno giovani e meno unità attive, ma come vedere di buon occhio una proposta di legge regionale che, volendo sostenerne lo sviluppo, assegna loro una dotazione annua di appena € 5.000.000 (15 euro/anno a testa o 19.000 euro a Comune), meno, molto meno, del costo semestrale dei loro rappresentanti regionali?
Può risolvere l’emarginazione un metodo che trascura la partecipazione degli interessati, quali che siano la buonafede o le velleità dei proponenti?
C’è poco da essere orgogliosi…
giovedì 15 marzo 2007
...dalla Valle Subequana
L'Aquila Abruzzo Italy
L'Aquila Abruzzo Italy
Con buona pace di quelli che ancora sperano in Presidenti amici o compagni constatiamo che la situazione è quella che è, tutti ne siamo altamente consapevoli…e fortemente…rassegnati: a noi bastano i cinghiali.
La popolazione subequana ormai non si lamenta neppure più; accetta come normale il degrado, la noia dei giovani, la distruzione dell’arredo urbano, l’incuria, ’abbandono,l’aumento della rumorosità ambientale, movimenti estranei, strani arricchimenti, ostili finanche ad una vocazione ricettiva minima: isolamento, degrado e confusione!?
La legge dei numeri ci conferma che il declino è ineluttabile:
la maggioranza delle persone si sposta in città, la maggioranza domina, la minoranza è condannata a scomparire … è il destino delle zone di montagna, delle zone interne.
Ma… non ci piace, non lo accettiamo, non ci rassegniamo, e poi non per tutte le zone interne è così: ci sono tante eccezioni tenute su dalla forza, dalla passione, da particolari opportunità, da gente che ci ha creduto. Continuiamo a sentire la passione per il nostro paese, il dispiacere per la situazione presente, il piacere di stare nei nostri paesi, nelle nostre montagne, tra i nostri paesani.
Nasce dalla necessità di trovare risposte precise l’esigenza di uno strumento di comunicazione.Siamo convinti che la risposta si può trovare solo attivando la passione, coinvolgendo sia le persone che risiedono attualmente nella Valle Subequana che quelli che, pur fisicamente lontani, sono rimasti legati affettivamente ai nostri paesi.
Un giornale per provare quanto meno a capire meglio, a parlare, per ricostruire con valori nostri, autentici, veri e sentiti, un senso di comunità che ci consenta di resistere, di conservare autostima, di non essere presi in giro, sempre soggetti passivi di scelte adottate in automatico da altri sulla base di interessi maggioritari non nostri. Per quanto simpatico o in buona fede, qualunque rappresentante provinciale o regionale o altro, espleta legittimamente il suo mandato rispondendo a logiche di partito o di anelli amministrativi o lobbistici superiori: l’ultima cosa che può interessargli sono le necessità reali di una piccola comunità, anzi tende a distruggerne i valori fondanti come l’armonia o la coesione, per poter acquisire consenso di parte.
Quanto vale, in un qualsiasi paesino della Valle Subequana, la possibilità di rapportarsi con spontaneità a ciascun membro della comunità senza essere equivocato?, quanto vale la possibilità di vivere in armonia rispetto alla disponibilità di cento euro in più? Non è solo un problema di dirigenti capaci: il valore sociale degli uomini dirigenti dipende anche dalla capacità di entusiasmo che i cittadini riversano in loro.
Al di là della valenza degli amministratori, il difetto sta nel metodo e negli automatismi: rispondono tutti ormai a logiche diverse, quantitative… e noi siamo piccoli, destinati a soccombere... o a trovare da soli la via del nostro sviluppo reale.
Eppure oggi è forse possibile un riscatto delle zone interne, a condizione che si prenda coscienza della necessità di stare uniti e si individuino insieme i passi da fare per delineare un nostro sviluppo.
È possibile sia per l’invivibilità dei grandi agglomerati urbani, sia perché le reti informatiche se ben utilizzate possono sopperire alle difficoltà di accesso delle nostre zone e consentire l’espressione delle potenzialità e la fruizione di quei valori tipici di queste zone come natura, silenzio, relax, acqua ed aria puliti.
Cercare di capire insieme come essere una comunità unita, e che cosa ha questa comunità da offrire al mondo, può essere un modo di aiutare i giovanissimi a sottrarre le energie esuberanti alla noia e al rumore per convogliarle in progetti divertenti, interessanti ed utili per loro e per il futuro della nostra Valle.
Cominciamo a parlarne, costruiamo insieme un centro di resistenza attiva: il nostro foglio è aperto a tutte le collaborazioni.
Nasce dalla necessità di trovare risposte precise l’esigenza di uno strumento di comunicazione.Siamo convinti che la risposta si può trovare solo attivando la passione, coinvolgendo sia le persone che risiedono attualmente nella Valle Subequana che quelli che, pur fisicamente lontani, sono rimasti legati affettivamente ai nostri paesi.
Un giornale per provare quanto meno a capire meglio, a parlare, per ricostruire con valori nostri, autentici, veri e sentiti, un senso di comunità che ci consenta di resistere, di conservare autostima, di non essere presi in giro, sempre soggetti passivi di scelte adottate in automatico da altri sulla base di interessi maggioritari non nostri. Per quanto simpatico o in buona fede, qualunque rappresentante provinciale o regionale o altro, espleta legittimamente il suo mandato rispondendo a logiche di partito o di anelli amministrativi o lobbistici superiori: l’ultima cosa che può interessargli sono le necessità reali di una piccola comunità, anzi tende a distruggerne i valori fondanti come l’armonia o la coesione, per poter acquisire consenso di parte.
Quanto vale, in un qualsiasi paesino della Valle Subequana, la possibilità di rapportarsi con spontaneità a ciascun membro della comunità senza essere equivocato?, quanto vale la possibilità di vivere in armonia rispetto alla disponibilità di cento euro in più? Non è solo un problema di dirigenti capaci: il valore sociale degli uomini dirigenti dipende anche dalla capacità di entusiasmo che i cittadini riversano in loro.
Al di là della valenza degli amministratori, il difetto sta nel metodo e negli automatismi: rispondono tutti ormai a logiche diverse, quantitative… e noi siamo piccoli, destinati a soccombere... o a trovare da soli la via del nostro sviluppo reale.
Eppure oggi è forse possibile un riscatto delle zone interne, a condizione che si prenda coscienza della necessità di stare uniti e si individuino insieme i passi da fare per delineare un nostro sviluppo.
È possibile sia per l’invivibilità dei grandi agglomerati urbani, sia perché le reti informatiche se ben utilizzate possono sopperire alle difficoltà di accesso delle nostre zone e consentire l’espressione delle potenzialità e la fruizione di quei valori tipici di queste zone come natura, silenzio, relax, acqua ed aria puliti.
Cercare di capire insieme come essere una comunità unita, e che cosa ha questa comunità da offrire al mondo, può essere un modo di aiutare i giovanissimi a sottrarre le energie esuberanti alla noia e al rumore per convogliarle in progetti divertenti, interessanti ed utili per loro e per il futuro della nostra Valle.
Cominciamo a parlarne, costruiamo insieme un centro di resistenza attiva: il nostro foglio è aperto a tutte le collaborazioni.
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